“Cinema (italiano) e psichiatria” di I. Senatore – Zephyro Editore (2013) – Recensioni

28 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
“Cinema (italiano) e psichiatria” di I. Senatore – Zephyro Editore (2013) – Recensioni
Recensioni e prefazioni dei volumi di Ignazio Senatore
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“La rappresentazione degli psichiatri/psicologi/psicoterapeuti sullo schermo sintetizza l’autore nell’introduzione di un libro che affronta  l’argomento del titolo attraverso sette saggi ciascuno accompagnato da un numero variabile di schede relative ai film presi in considerazione.” (Aldo Viganò – Cinecritica – N. 72 Ottobre- Dicembre 2013)

“Italia, cinque. Per chi vuol sapere, magari senza rovelli eccessivi, cosa ha combinato il cinema italiano quando inscenava la psichiatria, questo trattatello non guasta. Qui trovate un po’ di tutto; operatori della psiche a vario titolo, malattie mentali di tutti i generi, metodi di cure pre e post Basaglia, film a non finire. Da impazzire.” (Mario Calderale – Segno Cinema n. 186)

“ (…) Senatore ci fornisce un catalogo delle diverse situazioni che scaturiscono dall’incontro tra la malattia e il medico. Ma noi qui ci limitiamo a considerare la componente filmica, considerata in se stessa. Per esempio scopriamo che Paolo Bonacelli ha interpretato sia il ruolo del medico, sia quello del film, rispettivamente ne “La sindrome di Stendhal” e “Buone notizie ovvero la personalità della vittima” di Petri. Si nota già lo scavo dell’autore che considera anche i film meno noti come “Buone notizie”, interpretato anche da Giannini, Molina, Clement, Colli e Davoli. Passando alla terapia si cita il film di Pieraccioni “Io e Marilyn”, dove si parla di litio. Di litio si parla anche in “Emma sono io” di Falaschi con Dazzi, Giallini e Favino, Alvigini, Siri, Corti, Coli e Diliberti. Per quanto concerne i pensieri folli si nomina sia la reincarnazione sia in “La strega in amore” di Damiani, sia in “La lupa mannara” di De Silvestri. Lo studioso a volte interrompe il suo fervore archivistico per esprimere brevi giudizio di valore. A proposito del film di Damiani dice: “Damiani impagina un bellissimo film, troppo sottovalutato da pubblico e critica, dove si confondono sogo e realtà, incantesimo e allucinazioni (…) Tanto più meritorio è questo giudizio se si considera che Morandini si astiene dal parlare del film. Una maggiore indignazione, per la trascuratezza della critica, trapela nel commento a “Un uomo a metà” di De Seta. (Gaetano D’Elia dal Quotidiano di Bari – 22.1.14)

“Come per la letteratura o le arti figurative, diventa sempre più difficile anche per il cinema delineare una “storia generale” che riesca a coniugare serietà scientifica e completezza di informazione. Ecco, allora, l’opportunità di impostare anche ricerche settoriali, mettendo a fuoco un campo specifico e in questo ambito sondare temi in profondità. Come fa Ignazio Senatore, psichiatra e psicoterapeuta oltre che critico cinematografico di scaltrito mestiere, cui griglia d’esame e giudizio è la psichiatria, per come nel cinema italiano è rappresentata nelle varie e a volte pretestuose sfaccettature. Magari essa serve solo “per rendere comprensibili intrecci narrativi contorti e confusi” ma in parecchi casi, tra altri, con Bellocchio, Dino Risi, Avati, Brass, Faenza, Lenzi, Moretti, Petri, Verdone, è ripresa fuori da consuete stereotipìe. A incrocio di capitoli l’attenzione biscia tra protagonisti (psichiatri e psichiatre, psicanalisti e psicanaliste, psicoterapeuti e psicoterapeute, psicologi e psicologhe). luoghi e modalità di cura (manicomi, anche quelli giudiziari, cliniche private, pubbliche strutture riabilitative), e quella “brutta bestia” che è la follia. Ora, se da una parte sorprende la vastità del repertorio, tra recensioni, schedature e titoli a consiglio complementare quasi trecento citazioni di film, dall’altra affascina, sapientemente graduata ad ogni livello, autoriale o Bmovie, dramma o commedia, horror o giallo, la bivalente limpidezza di discorso di Senatore che senza sfuggire a referenze culturali e metodologie di scuola, tra scivolate d’arguzia e precisi affondi critici sa tradurre sensi e significati guardando al lettore per offrirgli un’informazione a largo raggio su trama, performance del cast, stilemi di genere, dettagli d’ambiente, spettroscopìe di comportamenti. (Alberto Pesce – Giornale di Brescia – 22-2 2014)

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