E in “Riccardo va all’inferno” Massimo Ranieri canta alla Tom Waits

29 Giugno 2017 | Di Ignazio Senatore
E in “Riccardo va all’inferno” Massimo Ranieri canta alla Tom Waits
Senatore giornalista
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“Chi si aspetta un Ranieri canonico sarà deluso. Ho scelto, infatti, un modo di cantare molto diverso dal mio. Una voce alla Tom Waits, per intenderci”. Così Massimo Ranieri, interprete di “Riccardo va all’inferno”, parla della pellicola che Roberta Torre ha terminato da qualche giorno di girare a Roma.

“Oggi come oggi, prosegue Ranieri, Riccardo III sembra quasi Babbo Natale, per le nefandezze nelle quali viviamo in questo periodo. Pur essendo lui malvagio, era un uomo di grandissima culura. Cosa che non so dove sta oggi”.

Un musical che punta decisamente sulle doti canore dello scugnizzo di Santa Lucia che, per l’occasione, ha dovuto rasare completamente il capo e dire così addio alla folta chioma.

Ranieri interpreta Riccardo Mancini, un uomo che, dimesso dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, dove è stato ristretto per aver compiuto un omicidio, decide di riconquistare il potere all’interno della famiglia malavitosa alla quale appartiene e, dopo essersi sbarazzato dei fratelli, dovrà affilare le armi contro la temibile Regina Madre (Sonia Bergamasco).

Una rilettura cupa, spettrale ed immaginifica, in chiave musical della tragedia shakesperiana, firmata dalla geniale ed anarchica regista milanese, ma siciliana d’adozione, che nell’accostarsi nuovamente al genere ha fatto nuovamente appello ad un’artista napoletano. Nel 1997, infatti, fu anche grazie all’orecchiabile e straripante colonna sonora, firmata da Nino D’Angelo, che il travolgente e dissacrante “Tano da morire”, il suo film d’esordio, squarciò il panorama cinematografico nostrano.

Un ritorno al musical anche per Massimo Ranieri che dopo la sua interpretazione nel film TV “La sciantosa” (1971) al fianco di Anna Magnani. Come in altre pellicole precedenti Roberta Torre si è avvalsa del sapiente e magistrale montaggio del napoletanissimo Giò Giò Franchini.

Articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno – 29-6- 2017

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