Ignazio Senatore intervista Antonio Capuano

13 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
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Napoli è una delle città più rappresentate al cinema. Ciononostante, ogni qual volta un regista la sceglie come scenario si scatenano, inevitabilmente, una serie di polemiche. Se un cineasta mostra la Napoli dei bassi e dei quartieri è accusato di rinverdire l’immagine folkloristica della città, se gira a Scampia o nelle altre zone della periferia sottoproletaria è accusato di fare della facile socio-demagogia, se predilige la collina di Posillipo viene tacciato di essere un regista borghese lontano mille miglia dagli atavici problemi della città. La guerra di Mario,  ultima pellicola di Antonio Capuano, ha innescato puntualmente la prevedibile querelle e dato vita agli immancabili interventi degli intellettuali napoletani che, utilizzando come pretesto il testo filmico, si sono lanciati in stonate ed improduttive riletture socio-antropologiche sulla città.

“La prossima volta vuol dire che girerò un film a Forlì.” taglia corto, in maniera ironica il regista.

“Mostro Napoli attraverso gli sguardi del bambino e della madre. Non volevo fare un film sull’urbanizzazione della città. Li seguo per la città perché nella realtà del film Giulia vive a Posillipo e Mario a Ponticelli. La critica ha trattato benissimo il mio film e c’è chi ha scritto che la Napoli che ho rappresentato è profondamente laica. Credo che quest’ultima affermazione contenga un pezzetto di verità.”

Capuano non vuole disegnare determinati itinerari visivi della città ma “semplicemente” raccontarci una travolgente storia d’amore e narrarci di Giulia (Valeria Golino) una donna della media borghesia napoletana che decide di prendere in affido Mario (Marco Grieco) uno scugnizzo di Ponticelli. Il film ruota tutto intorno a questo disperato bisogno della protagonista di far breccia nel cuore di questo bambino che le ha rapito l’anima e il cuore. In seguito all’avvento del piccolo in casa Sandro (Andrea Renzi) il marito di Giulia si ingelosisce, si sente messo in disparte e reagisce in maniera depressiva, abbandonando la moglie e ritornando a casa dalla madre.

“Lo zoccolo duro della storia, quello che volevo mostrare in questo film era come l’ingresso di uno sulla scena rompa gli equilibri che erano preformati. Ma tutto questo non volevo che fosse esplicito; i turbamenti di Sandro per quel bambino che gli ha preso il suo posto in casa, questa sorta di adulterio in atto che si viene a creare, questa gelosia che scatta all’improvviso, la passione di Giulia per Mario…Accanto a questo percorso più sommerso ho preferito che tutti gli spettatori, specialmente quelli delle altre città italiane comprendessero tutti i passaggi narrativi e che non si perdessero neanche una parola dei dialoghi. Da qui la scelta di sottotitolare in italiano qualche passaggio in dialetto anche per non far perdere delle frasi che reputo molto belle come quella pronunciata da uno dei bambini del film: “La scuola è nu’ brutto carcere e o carcere è na’ bella scuola”. Sono contento di questa scelta anche perché il mio film sta andando molto bene a Roma e a Milano.”

Come rivela lo stesso regista l’idea del film è nata da una storia vera. Una sua amica di Posillipo aveva avuto in affidamento un bambino “difficile”, carico di energia e di vitalità di una zona periferica di Napoli ma il Tribunale dei Minori successivamente aveva deciso di strapparlo alla donna e di affidarlo ad un’altra famiglia.

“Io non ho voluto fare un film di un certo tipo e non l’ho messo nel film ma la donna mi raccontò che quando il Tribunale dei minori adottò questo provvedimento il bambino si rivolse alla donna e le disse: Mi strappano da te proprio adesso che avevo imparato a chiamarti mamma.”

Capuano non cade nella trappola di indicare da che parte sono i buoni ed i cattivi, non giudica, non condanna ed i personaggi che mette in scena sono volutamente imperfetti, sommersi da dubbi, incertezze e da contraddizioni. Il film tutto declinato al femminile è un atto d’amore nei confronti di Giulia, una donna viva, palpitante che prova con tutti i mezzi ad intercettare lo spigoloso mondo emotivo di Mario. Il regista sceglie una regia che lui stesso ha definito “essenziale e senza fronzoli” ed impagina momenti di rara poesia. Il film pulsante e dalle bollenti temperature emotive è impreziosito da grandi guizzi visivi e da una scrittura filmica praticamente perfetta.

Al fianco di una ritrovata e convincente Valeria Golino, di uno smarrito e disperso Andrea Renzi, di un magnetico Marco Grieco (per la sua intensa prova ha ricevuto una segnalazione all’ultimo Festival di Locarno) compare il vecchio” Nunzio Gallo in un piccolo cammeo.

“Mi serviva nel film una faccia come la sua. E poi mi divertiva riproporlo sullo schermo un attore che faceva il commissario nei film di Mario Merola negli Anni 70.”

Regista dai temi scomodi (chi non ricorda Pianese Nunzio 14 anni a maggio, film incentrato sulla storia di un prete anticamorra pedofilo o il suo film-capolavoro d’esordio Vito e gli altri, pellicola incentrata sulla vicenda di un ragazzino problematico, vittima dei soprusi e delle violenze degli adulti) Capuano si è sempre distinto per il suo impegno politico e civile, al punto che Rifondazione Comunista lo aveva proposto insieme al musicologo Roberto De Simone come uno dei possibili candidati alle prossime elezioni per la carica di sindaco di Napoli.

“Per carità, questa notizia l’ho subito smentita. Non avrei accettato mai di scendere in campo per un compito così difficile. Napoli ha bisogno di politici di talento. In questo momento quello che mi preme è che Berlusconi se ne vada via e guardo con sospetto chi possa ostacolare questo progetto. Se, ad esempio, sapessi che Rossi Doria avesse un minimo appoggio dalla destra perderebbe completamente la mia simpatia. Per me l’importante è puntare su uno schieramento che ci possa liberare in fretta d Berlusconi. Fare il tifo per l’uno o per l’altro è assolutamente secondario.”

 

da La Voce della Campania – Aprile 2006

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