Dai Santi protettori delle malattie ai No Vax.

10 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
Dai Santi protettori delle malattie ai No Vax.
Senatore giornalista
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Non è la malattia che ci spaventa, ma la diagnosi.”, affermava simpaticamente Roberto Gervaso. Gli faceva eco l’umorista Marcello Marchesi che amava ripetere: “Chi si inferma è perduto.” Questi due aforismi riassumono in pieno il timore che ognuno di noi nutre nei confronti di malanni e malattie. A dire il vero, però, di progressi la medicina ne ha fatti tanti in questi millenni. Sono ormai alle spalle vecchie superstizioni e credenze e, a rileggerle, non può non scappare qualche benevolo sorriso. Andando a ritroso nel tempo il primo libro dell’Iliade, infatti, si apre con la descrizione della pestilenza che affligge il campo acheo. La malattia, secondo Omero, è l’effetto della colpa grave, commessa da Agamennone, che si è rifiutato di restituire al padre la bella prigioniera Criseide; la cura consiste nell’espiazione della colpa attraverso il ricorso ad invocazioni propiziatorie e a vittime sacrificali. Per non parlare dei Babilonesi, popolo che, come riporta Erodoto, non aveva medici e i cittadini erano soliti portare i malati sulla piazza del mercato perché chi aveva sofferto della stessa malattia potesse aiutarli. Nell’antichità, infatti, non esisteva la figura del medico, né tantomeno sorgevano ospedali e, generalmente, ci si affidava ai santi taumaturgici. Solo per citarne alcuni San Dionigi era il protettore del mal di testa, San Biagio del mal di gola, San Ciriaco del male agli occhi, Santa Margherita dei parti difficili e San Pantaleone della tisi. Nel Cinquecento, infine, i medici basavano la loro attività  terapeutica sull’osservazione e divinazione degli astri e i corpi celesti avevano, secondo loro un’influenza su parti del corpo. Piuttosto che scrutare il fegato era molto meglio scrutare il pianeta Marte, in simpatia cosmica con il fegato, perché chi “ha fegato” è bellicoso e marziale; per capire un malato di testa, un lunatico, era molto meglio guardare alla Luna, perché dal cervello di Zeus era nata la lunare Artemide. Nell’Ottocento, infine, quando Renè Laennec inventò lo stetoscopio, molti medici lo rifiutarono, perché lo consideravano un aggeggio ridicolo che avrebbe compromesso la loro reputazione di professionisti, abili nel tradizionale “occhio  clinico“. Non se la passò meglio il medico ungherese Semmelweis nel 1847 affermò che la febbre delle puerpere poteva essere prevenuta se i medici e le ostetriche si fossero lavati le mani prima di ogni trattamento anche perché le sale operatorie erano adiacenti a quelle dell’obitorio. Coperto di ridicolo, Semmelweis fu costretto a lasciare Vienna e solo dopo alcuni decenni le sue teorie furono accettate. E che dire delle sanguisughe che erano apposte sul corpo dell’iperteso, sgradevoli alla vista e dolorosi per il paziente?

Questi brevi accenni alla storia della medicina ci ricordano gli enormi passi avanti compiuti nei secoli da medici, chirurghi e dagli altri specialisti della salute e come lo studio del corpo umano e delle malattie sia sempre “in progress”. Nonostante gli sforzi di medici, ricercatori e specialisti, però, la medicina non va considerata come una scienza esatta. e, non è inusuale, scoprire, ad esempio, che alcuni farmaci nati con un’indicazione risultano efficaci che per altre malattie. Il sidenfanil, noto con il nome commerciale di Viagra, nacque come rimedio contro l’angina o l’adenometionina, commercialmente noto come Samyr, nacque come epatoprotettore e adesso ha come indicazione principe quella della depressione.

Gli esempi riportati sulla scoperta casuale (serendipità) dei farmaci però, invece, che minare alle fondamenta della scienza medica, la rafforzano e indicano gli sforzi degli operatori del settore nel fornire una risposta sempre più efficace nei confronti delle malattie. “La medicina è un’arte che viene esercitata in attesa di essere scoperta” dichiarava il geniale Deschamps e solo sposando quest’ottica bisogna anche accettare con fiducia gli eventuali “errori” attribuiti alla scienza medica. Fatte queste premesse dovremmo giudicare, quindi, comprensibili certi timori dei No- Vax. Ma cosa spinge allora questi soggetti a non proteggersi e a esporsi così pericolosamente ai rischi di un contagio? Diverse le possibili letture. Innanzitutto il loro rifiuto va letto come risposta alla dissennata campagna di disinformazione dei media sugli effetti avversi del vaccino, specie nelle prime ore della pandemia, con le relative notizie dei decessi di persone che, però, il più delle volte, a ben vedere, avevano alti fattori di rischio. Non sono esenti da colpe  virologi e infettivologi, presenze costanze dei salotti televisivi che, narcisi e vanesi, si sono beccati come galli in un pollaio, ingenerando ancor più nei telespettatori diffidenza, preoccupazione e scatenando le  quote ipocondriache sommerse di numerosi soggetti. Un’altra frangia di No-Vax, a mio parere, inserendosi poi in questa infinita querelle tra specialisti, navigando in Rete, per proteggersi dall’eventuale infezione, ha iniziato, a nutristi dei più svariati suggerimenti: all’ivermectina, antiparassitario usato ormai quasi solo sugli animali,  da bere in tisane calde perché il virus si inattiva a 26-27°C; consumare a stomaco vuoto zenzero o aglio bollito; assumere vitamina C e D a dosi elevate per ridurre il rischio di infezione; fare gargarismi con acqua calda salata o con aceto; consumare particelle di argento colloidale; consumare cannabis per immunizzarsi; esporsi alla luce UV, al cloro e alle alte temperature; respirare aria calda dall’asciugacapelli o in una sauna; applicare la vaselina intorno alle narici, ecc.

Nell’acquisire queste informazioni, un tempo d’appannaggio della “controcultura”, in molti hanno creduto di far parte di una schiera di soggetti alternativi, espressione di un sapere elitario e che non li “omologava” alla massa. E se un tempo quello che passava in televisione era considerato Vangelo, oggi, i No-Vax, figli della Rete, credono maggiormente a quello che posta sul tema un anonimo soggetto su FB che non a quello che dichiara un membro della comunità scientifica internazionale. Far parte di una minoranza, è sempre stato più affascinante che appartenere ai più. Ci si sente così speciali, unti dal sacro fuoco, depositari di un sapere esclusivo, più avanti e migliori degli altri. W le avanguardie e “No” alla massificazione. Peccato che il rifiuto di vaccinarsi metta però a rischio la salute e la sicurezza altrui.

Articolo pubblicato sulla Rivista Optima Salute – Dicembre 2021

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