Anno 1946. Don Camillo (Fernandel) è il parroco di Brescello, piccolo paese emiliano della Bassa Padana.
A fronteggiarlo è Don Peppone Bottazzi (Gino Cervi), segretario della sezione locale del Pci e sindaco del paese. In perenne rotta di collisione, i due si fronteggiano, senza esclusioni di colpi.
Don Peppone indice un comizio e Don Camillo suona le campane della chiesa per disturbarlo; Don Peppone vuole battezzare il figlio e dargli il nome Libero Antonio Lenin e Don Camillo gli impone di inserire Camillo tra quei nomi, pena il rifiuto ad eseguire il sacramento.
Don Peppone vuole costruire la Casa del Popolo e Don Camillo lo costringe ad edificare anche una città giardino per i bambini del paese.
Impulsivi, testardi, battaglieri, combattivi, i due rivaleggiano in tutto e si sfideranno, naturalmente, anche su un campo di calcio, con due squadre, l’una sponsorizzata da Don Camillo e l’altra da Don Peppone.
Fin dalle prime battute, vista l’animosità in campo dei calciatori, la partita si trasforma in una mega rissa che l’arbitro, a fatica, riesce a domare.
Al riposo la squadra di Don Camillo vince due a uno e Don Peppone, che non vuole perdere, a muso duro, “minaccia” Mariolino (Franco Interlenghi), il bomber della squadra che, non appena entra in campo, dopo aver scartato mezza squadra avversaria, segna un gran goal.
Mancano pochi minuti alla fine e l’arbitro fischia un rigore inesistente, sancendo così la vittoria a favore della squadra di Don Peppone. Per sfuggire alla folla inferocita, l’arbitro si rifugia in chiesa.
Don Camillo placa gli animi esagitati dei tifosi e li scaccia via ma, in cambio, ottiene la confessione dell’arbitro che ammette di essere stato corrotto da Don Peppone. Ma anche Don Camillo gli aveva chiesto di addomesticare la partita, solo che gli aveva offerto un cifra più bassa.
Fortunata pellicola, campione d’incassi, che diede vita ai successivi Il ritorno di Don Camillo (1953), Don Camillo e l’onorevole Peppone (1955), Don Camillo monsignore…ma non troppo (1961), Il compagno Don Camillo (1965), Don Camillo e i giovani d’oggi (1972) ed all’omonimo remake diretto da Terence Hill nel 1983.
Tratti dai divertenti racconti di Giovanni Guareschi, i film con Don Camillo e Don Peppone, riscossero un enorme successo di pubblico ma, come i successivi, furono, malvisti da parte della ottusa critica di sinistra che criticarono, al tempo, la scelta dello scrittore- giornalista di far pendere un po’ troppo la bilancia dalla parte di Don Camillo.
In realtà, in un’epoca dove i cattolici e la Democrazia Cristiana dipingevano i comunisti come gli atei senza Dio che “mangiavano i bambini”, Don Peppone, interpretato da un monumentale Gino Cervi, è descritto, invece, come un “bolscevico” sanguigno e passionale, dal cuore d’oro che, pragmaticamente, in nome del benessere della collettività, scende a patti con il suo “odiato” nemico.
Parimente Don Camillo, con un Fernandel magistralmente calato nella parte, è dispettoso, burbero, vendicativo, ma nutre un profondo affetto e simpatia per chi è, ideologicamente e politicamente, dall’altra parte della barricata.
La scena della sfida calcistica tra la squadra di Don Camillo e quella di Don Peppone è divertente e basta da sola il presso del biglietto.
Da segnalare i surreali dialoghi tra Don Camillo e Cristo, a cui presta la voce il grande Ruggiero Ruggeri.
Per un approfondimento sul tema si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Quando il cinema fa goal. I100 film più belli sul calcio”, edito da Absolutely Free.
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