Mika Muller (Isabelle Huppert), presidente dell’omonima industria di cioccolato, per la seconda volta e dopo circa venti anni, risposa André Polonski (Jacques Dutronc), affermato pianista, padre del giovane Guillame (Rodolphe Pauly) e vedovo di Lisbeth, una donna morta in un incidente automobilistico.
A Losanna vive anche la giovane Jeanne Pollet (Anna Mouglalis), aspirante pianista, che apprende, per caso, da un’amica della madre che alla nascita, per un banale errore di un’infermiera, era stata scambiata nella culla con Guillame.
Incuriosita ed eccitata da questa rivelazione si presenta nella villa del famoso pianista e gli racconta quanto ha appena scoperto.
Guillame sembra molto turbato e alla notizia che Jeanne è una pianista e che dovrà sostenere un difficile esame a Budapest, si offre di aiutarla.
Scaltra e dotata di un grande acume, Jeanne si accorge che durante la sua visita, Mika ha fatto cadere volontariamente a terra un thermos pieno di cioccolata e, dopo averne fatto analizzare il contenuto, scopre che contiene delle forti tracce di un sonnifero.
Racconta tutto a Guillame che le confida che la madre, amica di Mika, la notte del tragico incidente, aveva perso il controllo dell’auto, a seguito di un colpo di sonno. Jeanne continua a prendere lezioni di piano ed una sera si offre di andare a comprare i sonniferi ad André.
Prima di salire in auto beve una tazza di cioccolata che Mika ha preparato per Guillame che, allarmato, l’accompagna. Mentre è alla guida, Jeanne è vittima di un colpo di sonno; l’auto sbanda e si schianta contro un muro ma i due rimangono illesi. Il film si chiude con Mika che piange disperata e si rannicchia, sul divano, in posizione fetale.
Chabrol ambienta la vicenda in Svizzera e non più nella sua amata Francia e, con una regia fredda ed essenziale, narra come dietro il paravento di una stimata e ricca famiglia borghese, possa nascondersi la follia.
Sin dalle prime battute, infatti, ci descrive Mika come una benefattrice dell’umanità che, contro il parere degli altri membri del consiglio d’amministrazione della società che dirige, elargisce delle grandi somme di denaro per sostenere dei Centri contro il dolore.
Creatura ambigua e perversa si muove sullo schermo con raffinata eleganza, regalando a tutti degli smaglianti sorrisi.
Ma qualcosa di malsano le si agita dentro e continua a a somministrare dei sonniferi nella cioccolata calda al timido ed impacciato Guillame e all’amato marito.
Chabrol non spiega cosa spinga la tormentata Mika a trasformarsi in un angelo del male, né perché in passato abbia avvelenato Lisbeth.
Solo dopo essere stata smascherata da Jeanne, in maniera confusa e rabberciata, gli confida: “Sono brava a fare del male. Il male lo trasformo in bene, più è violento dentro di me e più si manifesta in bene. Dò dò, non riesco mai a chiedere, non ho neanche chiesto di vivere. So cosa sono; non sono niente! Non ho mai avuto una madre che mi considerasse un genio, sono un pezzo aggiunto.”
In questo thriller d’ispirazione hitchcockiana, Chabrol non giudica, non condanna e sembra provare soltanto pietà per una donna schiava del male che la divora.
Sullo sfondo André, che sogna di aver trovato in Jeanne la figlia che non ha mai avuto. Piccole citazioni a Dietro la porta chiusa di Fritz Lang, a La nuit du carrefour di Jean Renoir ed a La vita è un lungo fiume tranquillo di étienne Chatiliez.
Dal romanzo The Chocolate Cobweb di Charlotte Armstrong.
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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