Homicidal di William Castle– USA – 1961- Durata 87’ – B/N – V.M 16

16 Agosto 2020 | Di Ignazio Senatore
Homicidal di William Castle– USA – 1961- Durata 87’ – B/N – V.M 16
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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La giovane Emily (Joan Marshall) accudisce Helga (Eugenie Leontovich) un’anziana donna, condannata sulla seda a rotelle che vive a casa di Warren e di sua sorella Miriam Webster (Patricia Breslin). Presentandosi come Miriam Webster, Emily in cambio di duemila dollari, propone a Jim Nesbitt (Richard Rust) un fattorino di un alberghetto di terzo ordine, di sposarla e di annullare il matrimonio il giorno seguente. Jim accetta ma al termine della cerimonia nuziale la donna estrae un coltello dalla borsa, accoltella il giudice di pace e fugge via. Tornata a casa Emily comunica ad Helga di aver ucciso il giudice e dopo averla minacciata, le ronza pericolosamente intorno. La polizia da la caccia all’assassina, Emily è sempre più nervosa ed irritabile e Miriam, spalleggiata da Carl Anderson (Glenn Corbett), inizia a nutrire dei sospetti su di lei. Miriam vorrebbe cacciarla via di casa ma Emily la gela, confessandole di essere segretamente sposata con Warren. Emily uccide Helga e nell’agghiacciante finale la verità sale a galla.

Thriller a doppia velocità, considerato per anni la risposta a Psycho di Alfred Hitchcok. La pellicola inizialmente t’acceca ma poi, sequenza dopo sequenza, si spegne, lentamente, come una candela. Il regista ambienta la vicenda a Ventura, nel Sud della California e, grazie alla sapiente fotografia di Burnett Guffey ed all’intensa recitazione di Joan Marshall nei doppi panni di Emily e di Warren,  impagina un film d’atmosfera che s’incaglia in più punti in ragione di un intreccio narrativo confuso e cervellotico. La figura centrale della vicenda è il padre di Emily (sempre fuori campo) che desiderava avere un bambino e, sin dalla nascita, dopo aver rifiutato Emily l’aveva trattata come fosse un maschietto e costretto a vestire i panni di Warren. Nell’arruffato finale si scopre che Warren assumeva le sembianze di Emily ogni qual volta decideva di uccidere le persone che l’avevano costretto ad assumere l’identità maschile; il giudice era stato accoltellato perché aveva contraffatto, dietro un lauto compenso, l’atto di nascita della bambina dichiarando che era un maschietto e la perfida Helga, un tempo la sua sadica e violenta balia, era stata uccisa perché l’aveva allevata come fosse un bambino, nel rispetto di una rigidissima disciplina. Castle se la cava con un po’ di mestiere ed impagina un paio di scene di grande impatto emotivo (Emily strappa e fa a pezzi le foto di Warren e, vestito da maschietto, quando era piccolo ruba una bambola alla sorella).

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