Il terrore viene dalla pioggia (The creeping flesh) di Freddie Francis – G.B – 1972 – Durata 92’ – V.M 14

22 Novembre 2021 | Di Ignazio Senatore
Il terrore viene dalla pioggia (The creeping flesh) di Freddie Francis – G.B – 1972 – Durata 92’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Di ritorno dalla Nuova Guinea, il professor Emanuel Hildern (Peter Cushing) ha portato con sé un gigantesco scheletro che, secondo i suoi calcoli, è più antico dell’Uomo di Neanderthal. L’illustre scienziato lo custodisce gelosamente nel suo laboratorio, certo che questa creatura sia l’incarnazione del Male. Un giorno, per caso, su una delle dita dello scheletro cade dell’acqua e  magicamente, si ricopre di tessuti viventi e riprende a pulsare. Isolati i globuli sanguigni, Hildern ne scopre alcuni di colore nero e quest’ultimo dato diviene per lui l’ulteriore conferma della sua teoria. Convinto che questi corpuscoli sanguigni trasmettono il Male, inocula alla figlia Penelope (Lorna Heilbron) un siero sperimentale, ma il farmaco, più che annullare l’effetto del Male, ha un esito contrario e la giovane, in preda ad un raptus omicida, è ricoverata nel manicomio diretto da James Hildren (Cristopher Lee) fratello di Emanuel. Lo stesso James, da sempre invidioso di Emanuel, vuole a tutti i costi, ottenere fama ed onore e decide di trafugare lo scheletro custodito dal fratello per sperimentare il siero. Ma è in atto un furioso temporale e durante il trasporto lo scheletro entra a contatto con l’acqua, si rigenera e si trasforma in una creatura del Male.

Horror in perfetto stampo inglese, girato con maestria da uno dei padri del genere che, a distanza di anni, strappa qualche sorriso per l’ingenuità della trama. Sullo sfondo la malattia mentale della moglie di Emanuel, morta in manicomio, una serie di pazienti folli, rinchiusi come animali nelle gabbie e delle originali teorie sulle onde elettriche per creare artificialmente la follia. Indimenticabile sul finale il primo piano della povera Penelope che, prima di essere rinchiusa, come il padre, in una delle celle del manicomio, balla da sola con lo sguardo perso nel vuoto. Il regista prova a regalare sul finale un ultimo brivido allo spettatore e lascia che la vicenda sia narrata da Emanuel Hildern, ricoverato anche lui in manicomio. E se fosse tutto frutto della sua mente malata?

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