La bambola del diavolo di Tod Browning – USA – 1936

22 Maggio 2015 | Di Ignazio Senatore
La bambola del diavolo di Tod Browning – USA – 1936
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Paul Lavond (Lyonel Barrymoore) e Marcel (Henry B. Walthall) evadono dal penitenziario dell’Isola del Diavolo. Il primo è un banchiere parigino, accusato ingiustamente dai suoi soci Radin, Coulvet e Matin di aver commesso un delitto e di aver truffato l’istituto di credito che dirigeva; il secondo uno scienziato folle che aveva messo a punto un procedimento per rimpicciolire gli animali. I due si rifugiano a casa di Marcel dove li attende Malita (Rafaela Ottiano), la sposa zoppa ed incanutita dello scienziato. Una volta messo piede nel suo laboratorio Marcel mostra a Pierre l’esito dei suoi esperimenti: un cane sanbernardo tenuto sul palmo di una mano che risponde automaticamente a ogni comando. Marcel miniaturizza una giovane cameriera che era alle sue dipendenze ma, per l’emozione, muore sul colpo. Pierre ha un solo scopo nella vita: vendicarsi di chi lo ha costretto a trascorrere diciassette anni in galera e d’accordo con Malita si trasferisce a Parigi dove, sotto le mentite spoglie di Madame Mandelip, apre un negozio di giocattoli. Sfruttando la scoperta di Marcel, rimpicciolirà Radin (Arthur Hohl) renderà paralitico Coulvet e terrorizzerà talmente Matin che questi confesserà l’intrigo e lo scagionerà dai crimini di cui era accusato. Ottenuto il suo scopo Lavond si dileguerà nel nulla.

Capolavoro del genere diretto da quel genio di Tod Browning che ti affascina non solo per le spettacolari miniaturizzazioni degli animali, della tenera cameriera e del perfido Radin, ma soprattutto per quel raggelante desiderio di vendetta che anima Lavond e che lo spinge a indossare i panni della dolce e premurosa Madame Mandelip. Utilizzando dei prodigiosi effetti speciali per l’epoca, Browing compone una pellicola praticamente perfetta che ha un unico piccolissimo neo: un finale troppo romantico con Lavond che senza svelare la propria identità rivede per l’ultima volta sua figlia, la dolcissima Lorraine (Maureen O’Sulivan). Dal romanzo Brucia, strega, brucia di Abraham Merrit.

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