La donna del ritratto di Fritz Lang – 1944

15 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
La donna del ritratto di Fritz Lang – 1944
Recensioni Film di Ignazio Senatore
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Il professor Richard Wanley (Edward G. Robinson) un distinto ed attempato professore di criminologia (docente al Psycology Department) sta tenendo una lezione all’università sul tema: “Aspetti psicologici dell’omicidio”. Su una lavagna, posta alle spalle, le scritte: Sigmund Freud, Conscio, inconscio, preconscio, Io, Es, SuperIo, libido, transfert, campo terapeutico. Solo in città (moglie e figli sono in viaggio) l’attempato professore, raggiunge i suoi amici Michael (Edmond Breon) un anziano e simpatico dottore e Frank (Raymond Massey) un impeccabile ispettore della polizia) nel club. Prima di entrare l’uomo rimane affascinato dalla bellezza di una donna, ritratta in un dipinto. Dopo aver cenato con gli amici, si accomoda in poltrona e s’immerge nella lettura di un libro. Uscito dal club incontra, per caso, Alice (Joan Bennett) la modella del quadro e dopo aver accettato le lusinghe della donna, va a casa sua. Mentre i due stanno discorrendo piacevolmente, irrompe l’amante della donna. Il professore è aggredito dall’uomo e, per legittima difesa, lo ammazza, pugnalandolo alle spalle. Successivamente, con la complicità della donna, Wanley si sbarazza del cadavere. La polizia brancola nel buio ed è in grado di appurare solo l’identità della vittima; Claude Mazard, un miliardario, proprietario della World Enterprise. Wanley e la donna si sentono al riparo finché non spunta un losco individuo (Dan Duryea) che li ricatta. Dopo una serie di colpi di scena, il professore, certo ormai di essere stato scoperto, ingerisce degli psicofarmaci per togliersi la vita. E mentre la macchina da presa zoomma sul volto del professore, si scopre che Wanley si era addormentato. Tutta la storia non era altro che un suo incubo/sogno. Capolavoro assoluto del genere noir, il film gioca sul labile confine tra il bene e il male, tra la veglia e il sonno, tra l’innocenza e la colpevolezza. Al di là della scelte stilistiche adottate dal regista che amplificano ancor più l’effetto sognante del film (le atmosfere nebbiose, il gioco di luci e di ombre, l’ambientazione prevalentemente notturna…) quello che affascina di questo cult-movie è la messa in scena della realizzazione di un doppio sogno (segreto) del professore;  quello di sedurre l’affascinante donna del quadro e quello di macchiarsi di un delitto. Inoltre, per tutta la durata del film, Wanley nella “speranza” di essere condannato, cerca, inconsciamente, di attirare i sospetti del suo amico ispettore (gli rivela l’ora dell’omicidio, lo guida, diritto come una freccia, sul luogo esatto del delitto e gli accenna a del filo spinato come possibile agente della piccola ferita riportata dall’assassino). Il regista, sapientemente, ci mostra anche l’altro lato della medaglia; da vero “esperto” in materia, il professore compie un omicidio senza lasciare né tracce, né indizi del delitto. Inoltre, Wanley, come ogni criminale incallito, non si fa scrupolo di convincere la sua complice ad eliminare il loro ricattatore. Con questo film Lang, ripropone una tematica (da M, il mostro di Dusseldorf in poi) a lui cara: nessuno può essere assolto e siamo tutti dei potenziali colpevoli. Dal romanzo Once off guard di J. H. Wallis.

Recensione pubblicata sulla Rivista “Eidos- Cinema, Psiche ed arti visive” Numero 4

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