Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino – Italia – 2004 – Durata 100’

15 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore

Unico film italiano presentato nell’ultimo Festival di Cannes, è uscito ieri nelle sale “Le conseguenze dell’amore”, per la regia di Paolo Sorrentino. Il talentuoso regista napoletano è un personaggio appuntito e spigoloso, con una sua personale filosofia di come vanno condotte le interviste.  Dopo il convincente “L’uomo in più”, propone ne “Le conseguenze dell’amore” (titolo di per sé già carico di mistero) un’altra storia estrema e disperata.  L’inizio della pellicola è fulminante ed i colori bianchi ed asettici delle prime inquadrature richiamano stranamente le atmosfere di “One hour photo”, film malsano di Marc Romanek, con l’inquieto Sy Parish come protagonista. Siamo in caveau di una banca ed un fattorino spinge su un tapin rulant una valigia che scopriremo essere piena zeppa di soldi. Non siamo di fronte ad un ennesimo thriller di stampo americano anche  perché l’atmosfera muta quasi di colpo. Una straniante voce fuori campo ci accompagna per mano. Chi parla è Titta Di Girolamo, il protagonista della vicenda. Titta non è un personaggio frivolo (il nome è l’unica cosa frivola che ha) ma è un signore silenzioso ed estremamente riservato. Alle soglie dei cinquant’anni, ha un magro bilancio alle spalle; è separato da dieci anni dalla moglie ed ha solo un episodico rapporto telefonico con i suoi tre figli. Le ore per lui trascorrono euguali, giorno dopo giorno, senza che accada mai nulla, ma sarà lo sguardo di Sofia, una giovane ed affascinante cameriera (Olivia Magnani) a cambiare il corso delle cose. A fare da contorno ai personaggi principali, il fratello di Titta, un vulcanico istruttore di windsurf, interpretato da Adriano Giannini e due anziani coniugi (Angela Goodwin e Raffaele Pisu). Film magnetico ed ipnotico nella prima parte è girato con grande maestria e curato quasi ossessivamente in tutti i minimi particolari.

“La cosa peggiore nella vita è non avere immaginazione ed allora la vita diventa uno spettacolo mortale.”, “La verità, amico mio, è noiosa.”, “Sono sempre da solo, non sono abituato a parlare”, “I timidi notano tutto ma sono molto bravi a non farsene accorgere” sono solo alcune delle citazioni tratte dal De Girolamo pensiero.

La prima parte del film è straordinaria, la vicenda perde poi man mano un po’ di ritmo ma decolla nuovamente, prima dell’inatteso finale. Sorrentino sa usare la macchina da presa ed è da cineteca la scena quando ritrae il protagonista sul suo letto, mentre si pratica l’ennesima iniezione di eroina (come sempre di mercoledì ed alle dieci di mattina). Girata con il piglio di un regista che ha un respiro internazionale, è basata tutto sul silenzio e sugli sguardi tra i protagonisti. Sorrentino sceglie di non proporre la banale storia d’amore ma predilige una scrittura trattenuta e priva del classico lieto fine. Di Girolamo troverà la forza di ribellarsi al tran tran quotidiano ma il finale è assolutamente imprevedibile e con un gustoso colpo a sorpresa. Ci sono attori che rubano la scena e che calamitano con la loro presenza l’inrtero film. Toni Servillo è tra questi. La sua recitazione sussurrata è basata sui silenzi e sugli impercettibili movimenti del viso. Per questa sua prova magistrale doveva essere premiato a Cannes, poi le giurie hanno cambiato inspiegabilmente parere. Servillo, con la sua magnetica presenza, colma le pecche presenti in sede di sceneggiatura e calamita fino all’ultima sequenza lo sguardo dello spettatore.

 

Recensione pubblicata su L’Articolo- Redazione napoletana del “L’Unità” – 25-9-2004

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