“Parolacce. Perché le diciamo? Che effetto ci fanno? – Rivista 8 e mezzo – N. 46 in un film? Come le usa il cinema italiano? –

22 Ottobre 2019 | Di Ignazio Senatore
“Parolacce. Perché le diciamo? Che effetto ci fanno? –  Rivista 8 e mezzo – N. 46   in un film? Come le usa il cinema italiano? –
Senatore giornalista
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Il cinema, spiega Ignazio Senatore, nella doppia veste di psichiatra e di critico cinematografico, ha mostrato più volte che la parolaccia sul grande schermo, non si esprime solo verbalmente, ma anche attraverso i gesti. Penso alla celeberrima scena de I vitelloni nella quale Alberto Sordi mostra ad un gruppo di operai il braccio ad ombrello o il gesto delle corna in Febbre da cavallo. Come sosteneva Freud, la parolaccia è un motto di spirito che rimanda al proibito e che può essere interpretata, a seconda dei casi, come una regressione infantile o una liberazione.

In alcuni casi è anche un sintomo di malattia, penso al film The square di Ruben Ostlund e alla scena in cui un uomo si abbandona al turpiloquio durante un elegante cena di gruppo. Il personaggio in questione è in effetti vittima della sindrome de la Tourette, una malattia neurologica che, per cause ancora misteriose, provoca, fra l’altro, una disinibizione verbale che spinge al turpiloquio, come accade appunto nel film.

Al cinema, come in altri ambiti, la parolaccia può essere usata in vari modi, con valenze diverse che le conferiscono un peso più o meno grave.

La parolaccia può assumere la valenza di un insulto, di un’imprecazione, di una maledizione.  L’espressione sei uno stronzo è un dichiarato atto di ostilità che difficilmente può passare inosservato. L’espressione e che cazzo! è una semplice interlocuzione che non comporta conseguenze. A li mortacci suona come una sorta di abbandono al destino. Come si capisce, a seconda del contesto, le differenze sono notevoli.

Intanto le parolacce sono sempre più usate in altri settori, dalla musica alla politica.

Canzoni come Bella stronza di Masini o Mi sono rotto il cazzo di Anastasio sarebbe state semplicemente inimmaginabili solo qualche anno fa. Se oggi non suscitano meraviglia è perché evidentemente si è registrato un enorme cambiamento nella sensibilità sociale. Anche i vaffa di grillina memoria  hanno assunto una connotazione diversa da quella originale.

Insomma, la parolaccia  sembra perdere progressivamente le proprie potenzialità eversive.

 Al cinema viene usata prevalentemente nel tentativo di far scattare una risata. Nei film comici è una facile scorciatoia a cui si ricorre nei momenti di difficoltà. Spesso e volentieri viene usata senza alcun reale rapporto con la realtà.  I tifosi che nel film L’arbitro apostrafano Lando Buzzanca con un sei un cornuto non possiedono alcuna convinzione, né tantomeno certezze che la moglie lo tradisca. Ma quella parolaccia, cornuto, usata in funzione di insulto, vuole solo esprimere e riassumere ironicamente il disappunto per le decisioni prese dall’arbitro.

Rivista 8 e mezzo – N. 46

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