Piangerò domani (I’ll cry tomorrow) di Daniel Mann – USA – 1955 – Durata 118’ – B/N

12 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
Piangerò domani (I’ll cry tomorrow) di Daniel Mann – USA – 1955 – Durata 118’ – B/N
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Katie Roth (Jo Van Flet) ha un solo sogno nella vita; vedere trionfare sui palcoscenici sua figlia, la piccola Lillian (Susan Hayward). La bambina brucia le tappe e, con la sua voce calda e melodica, a diciotto anni diventa una stella. David (Ray Danton) un vecchio amico d’infanzia rispunta dal nulla, le chiede di sposarlo e Lillian decide di abbandonare le scene. Sua madre, asfissiante ed oppressiva, cerca in tutti i modi di convincerla a ritornare sui propri passi e quando David muore, all’improvviso, in ospedale, Lillian va in crisi e si attacca alla bottiglia. Una sera per stordire il proprio dolore esce con Wally (Don Taylor) un soldato, figlio di un proprietario di una segheria ed al mattino, dopo aver smaltito una colossale sbornia, scopre di averlo sposato. Il loro matrimonio è un fallimento ed i due trascorrono un anno insieme affogando i dispiaceri nell’alcol. Dopo il divorzio Lillian incontra Tony (Richard Conte) un impostore che la sposa, le spilla un po’ di quattrini e la lascia precipitare ancora più nel baratro della disperazione. Lillian abbandona le scene e gira per strada, senza meta, completamente sbronza, elemosinando nei bar un goccio di whisky. In preda al delirium tremens tenta il suicido ma si rivolge poi agli AA che l’aiuteranno ad uscire dal tunnel dell’alcolismo. Sul finale ospite di una trasmissione televisiva racconta la propria vita..

Biopic romanzato della vita di Lillian Roth, attrice in voga nei primi anni 30.  Il film è la descrizione del lento ed inarrestabile fuga nell’alcol della protagonista. Dopo l’ennesimo fallimento affettivo Lillian continua a calcare le scene ma, colta da delirium tremens, non riesce neanche più a firmare un assegno. Sul finale, il regista sceglie la via del melodramma a forti tinte e ci mostra la protagonista che barcolla, sola e disperata, per le strade della città, in abiti dimessi, senza trucco e con i capelli arruffati. Ma nell’happy end finale regala un sorriso di speranza alla protagonista che (magicamente) si tirerà fuori dalle secche dell’alcol. Oscar 1955 per i costumi a Helen Rose. Nomination a Susan Hayward, vincitrice a Cannes 1956 come migliore attrice.

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