Ignazio Senatore intervista Silvio Orlando

13 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
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Sarà per il loro modo di sorridere, per la loro faccia da schiaffi, per i personaggi che interpretano ma alcuni attori ti entrano dentro, ti lasciano il segno e  quando scompaiono, per qualche tempo, sul grande schermo, ti mancano e ti lasciano un grande vuoto dentro. Icona del cinema italiano di qualità, Silvio Orlando è uno di quelli che vorresti  facesse capolino in ogni film.

Dopo aver meritatamente rastrellato premi e riconoscimenti per la magistrale interpretazione ne Il caimano di Nanni Moretti ed essere apparso in un cameo in Caos calmo, ritorna sul grande schermo come protagonista ne Il papà di Giovanna, diretto da Pupi Avati, uno dei quattro film italiani in concorso al Festival di Venezia, nei panni del padre di una giovane psicotica, interpretata da Alba Rohrwacher.

Chi lo ha visto ha assicurato che la pellicola è carica di poesia ed è, forse, l’opera più matura del regista emiliano.

“Come tutti i film di Pupi Avati, la vicenda parte con un onda nostalgica ed è ambientata  negli anni Trenta quando i rapporti tra le persone erano più umani e più sinceri. Il film è dolorosamente duro e narra di un padre che non s’accorge della malattia mentale della figlia e, pensando che il suo futuro possa essere meraviglioso, va nella direzione opposta,. La vicenda precipita nella tragedia; la madre, interpretata da Francesca Neri, la rifiuta e solo allora il padre, roso dai sensi di colpa, comprende che avrebbe dovuto prendersi cura della figlia ed occuparsi del suo disagio psichico.”

La storia, intima e toccante, è stata girata, nella prima parte, nel manicomio di Lucca dove era stato ambientato nel 1975 Per le antiche scale di Mauro Bolognini. Si dice sempre che un film nasce dal bisogno interno di un regista di voler raccontare le proprie paure, desideri, ossessioni. Secondo lei, Avati  dove ha pescato questa storia?

E’ un film che, pur non essendo tout-court autobiografico, credo attinga alle sue vicende personali,  ad i rapporti con la propria famiglia, la moglie e la figlia.”

Quanto le è entrato dentro questo film?

“Sono rimasto molto colpito dall’atmosfera che si respira nel film. E’ un grande romanzo d’appendice di fine Ottocento, un melò dove non c’è un pizzico spiraglio d’ironia ed affonda nella tragedia. Al di là delle pregevolezze estetiche, il racconto è molto affascinante ed è un’analisi profonda della famiglia che, dal 1930 ai giorni d’oggi, non è cambiata per niente. In Italia sembra che la famiglia debba assorbire tutte le contraddizioni della società ed invece consegna al mondo i figli senza averli prima attrezzati.”

Come nell’intenso  Il posto dell’anima di Riccardo Milani non è la prima volta che recita in un ruolo drammatico. 

“Con gli anni, come attore, cerchi sempre più di andare nella direzione di un’analisi più profonda delle relazioni umane e non ti va più di rimanere in superficie ed alla mia età si ha bisogno come il pane di personaggi così intensi come quello affidatomi.”

Dopo i premi vinti a Cannes da Garrone e Sorrentino si è gridato nuovamente alla rinascita del cinema italiano.

“A differenza della televisione, credo che il cinema in Italia stenti a diventare industria e sia condannato a rimanere in una sfera artigianale. Per fortuna, sopravvive grazie all’estro di qualche artista. Da sempre ci sono stare annate buone ed altre peggiori ma, per una sorta di isterismo collettivo dei giornalisti, un anno il cinema italiano sembra risorto e l’anno successivo defunto. Gomorra l’ho amato moltissimo ed è il segno di una nuova generazione che avanza.”

Il cinema italiano non vince a Venezia da anni. Si augura qualche premio?

I festival sono sempre una lotteria anche perché le giurie sono internazionali e quello che può colpire noi italiani, può non piacere ad altri di diversa nazionalità. “

Ha altri film in cantiere?

“Sto interpretando un episodio dal titolo Una piccola vacanza nel film Ex di Fausto Brizzi. E’ comico e divertente e tra gli altri, compaiono Claudio Bisio, Claudia Gerini, Vincenzo Salemme e Nancy Brilli.”

Articolo pubblicato su “Epolis”- 06-09-2008

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