Ignazio Senatore intervista Stefano Incerti

13 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
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Salutato da un ottima accoglienza di critica e di pubblico all’ultima Mostra del cinema di Venezia, è da oggi in sala “Gorbaciov, il cassiere con il vizio del gioco” il nuovo film di Stefano Incerti.

L’idea mi è nata leggendo un articolo di un giornale che raccontava di un cassiere di un penitenziario che sottraeva dei soldi per giocare al casinò. Ho deciso di ambientarla a Napoli, nella mia città, dove avevo girato quindici anni fa “Il verificatore” il mio primo film. La prima sceneggiatura, scritta con Diego De Silva, assomigliava a Lolita di Nabokov ed Un amore di Buzzati e narrava di un cinquantenne che s’innamorava di una ventenne napoletana.

Quando l’abbiamo mostrata a Toni Servillo lui ci ha invitato ad un taglio più originale e rigoroso e ci ha chiesto di eliminare i dialoghi e gli orpelli. Abbiamo quindi pensato ad un cinema più puro che assomigliasse alla cinematografia del Sud Est Asiatico e ci è nata l’idea del personaggio di Lila (My Yang) una cinese di cui s’innamora il protagonista, interpretato da Toni.

Una sorta di “In the mood for love” in salsa napoletana che ruota intorno ad un cassiere del carcere di Poggioreale che s’infiamma d’amore per Lila e decide di risanare i debiti contratti dal padre di lei. Dapprima sottrae del denaro dal carcere poi finisce, irrimediabilmente, per mettersi nei pasticci.

Una storia semplice, aggiunge Incerti, che definirei un apologo, una fiaba metropolitana. Non ho cavalcato “Gomorra” e proposto l’ennesimo film dal taglio sociologico sulla grande criminalità che attanaglia questa città. Napoli è una città meravigliosa ma è pericolosa metterla in scena perché ricca di stereotipi. Non volevo neppure girare l’ennesimo film sulle coppie e sulle famiglie in crisi ma occuparmi dei “penultimi”, di quei soggetti disertati dal cinema che, per esorcizzare la propria condizione di perdenti e di rassegnati, non lesina di puntare al gioco d’azzardo.

Ed in questo ribaltamento di luoghi comuni sarà il napoletano che troverà una nuova condizione grazie ad un extra-comunitaria e non viceversa. Abbiamo girato dal vivo al Vasto, il quartiere più interculturale di Napoli senza interrompere il traffico, spesso, in notturna, come un film metropolitano degli Anni Settanta. Non amo le polemiche come Pupi Avati ma il mio film non in concorso a Venezia è stato venduto in tutto il mondo. Se metti a capo della giuria Quentin Tarantino e selezioni quattro film italiani come cifra stilistica anti-tarantiniani qualche dubbio mi viene.

Stralcio dall’articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno – 14-10-2010

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