The artist di Michel Hazanavicius – 2011

14 Dicembre 2024 | Di Ignazio Senatore

Siamo nel 1927. Ad Hollywood splende la stella di George Valentin (Jean Dujardin), attore del cinema muto. Ad ogni prima di un suo film la solita ressa di giornalisti e di fan.

Valentin, sempre disponibile e sorridente, non si sottrae ai flash dei fotografi e, per gioco, si lascia ritrarre mentre una sconosciuta, una certa Peppy Miller (Bérénice Bejo), aspirante attrice-ballerina, gli stampa un bacio sulla guancia.

L’istantanea finisce sulla prima pagina di Variety e, involontariamente, apre le porte del successo a Peppy che, da quel momento in poi, grazie alla vivace versatilità, conquisterà le simpatie di Al Zimmer (John Goodman), importante produttore. Due anni dopo il cinema sonoro bussa alle porte e c’è bisogno di volti nuovi.

Per orgoglio, Valentin si rifiuta di comparire nei film “parlati” e, dopo aver provato a produrre un film muto, si ritrova senza il becco di un quattrino.

Peppy scala intanto le vette del successo e Valentin, abbandonato dalla moglie e dimenticato da tutti, dopo aver venduto all’asta quanto di prezioso possedeva, ormai al verde, è costretto a licenziare Clifton (James Cromwell), il fido maggiordomo.

Valentin scivola sempre più nella depressione e nemmeno il suo gioioso cagnetto Uggy, riesce a scuoterlo dalla tristezza e dall’apatia. Come in ogni favola che si rispetti, il lieto fine è dietro l’angolo. 

Michel Hazanavicius (Gli infedeli, The search, Il mio Godard…) firma questo piccolo gioiello, raffinato ed elegante che ha sbancato inaspettatamente a Cannes, premiato con dei prestigiosi riconoscimenti in tutto il mondo, tra cui cinque Oscar (miglior film, regia, attore protagonista, costumi e colonna sonora di Ludovic Bource).

Il segreto del successo non è legato solo all’originalità dell’operazione (è un film muto, in bianco e nero, con le didascalie che riportano i dialoghi) o alla semplicità della storia (l’ascesa ed il crollo di un divo hollywoodiano), ma può essere letto, in un’epoca dove il 3D e le mega-produzioni americane ricche di effetti speciali la fanno da leone, come il tentativo (riuscito) di voler soddisfare quel bisogno non nostalgico, ma regressivo dello spettatore e di voler riassaporare il fascino e la poesia di quel cinema degli albori che ti trasportava in un altrove e metteva in moto l’immaginario di chi era in sala.

Seppure zeppo di citazioni cinefile (il cognome del protagonista è un chiaro riferimento al mito dell’intramontabile Rodolfo Valentino), Hazanavicius non cade nella trappola di impaginare una pellicola rivolta ad un pubblico di nicchia ma dirige una commedia frizzante, divertente, che mescola il musical, la commedia ed un pizzico di romanticismo.

Jean Dujardin e Bérénice Bejo sono irresistibili ed il numero di tip-tap che regalano nel finale, vale da solo il prezzo del biglietto. Delizioso il cameo di Malcolm McDowell.

 

Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024

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