The aviator di Martin Scorsese – USA – 2005 – Durata 169’

27 Agosto 2020 | Di Ignazio Senatore
The aviator di Martin Scorsese – USA – 2005 – Durata 169’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Howard Hughes (Leonardo Di Caprio), giovane miliardario, eredita i pozzi di petrolio di famiglia e decide di produrre Gli angeli dell’inferno, il film per l’epoca il più dispendioso della storia del cinema. Non pago produce cult movie come Scarface ed Il mio corpo ti scalderà e diventa l’amante della più belle dive del cinema. Ma la sua più grande passione è il volo e, novello Icaro, vuole sfidare le leggi dell’aerodinamica e costruire aerei sempre più potenti e veloci. Per realizzare i propri sogni lotta contro il monopolio della Pan-Am ed affila le armi contro il solito corrotto senatore di turno. Anima fragile e vulnerabile, è ossessionato dalla paura del contagio, delle infezioni e delle malattie ed, imboccato il tunnel della depressione, taglia i ponti con il mondo estremo e si rinchiude, per mesi in una stanza, regredendo fino a sembrare un barbone. Ma ha sette vite e riconquistate magicamente le proprie forze, prende di petto la vita ed affronta nuovamente i suoi nemici.

Scorsese abbandona i bassifondi di New York e Little Italy e ci propone un imponente (ed interminabile) affresco epocale che ruota intorno ad un visionario sognatore. Più che la biografia (fedele?) di Howard Hughes quello che affascina nel film è l’ambientazione negli Anni d’oro del cinema hollywoodiano e vedere sfilare sulla schermo Katherine Hepburn (Cate Blanchette), Ava Gardner (Kate Beckinsale), Jean Harlow (Gwen Stefani) ed Errol Flynn (Jude Law) è una gioia per gli occhi. La pellicola è girata con gran classe, arricchita da alcuni inserti in bianco e nero ma con il fluire dei fotogrammi, perde quota, come uno dei tanti aerei costruiti dal giovane protagonista. Scorsese lascia che l’eccentrico e geniale protagonista apra il proprio cuore e confidi a Katherine il proprio smarrimento interiore. Il regista, con dovizia di particolari, descrive le ossessioni del protagonista che, dopo essere entrato in un lussuoso bagno di un ristorante ed aver lavato ripetutamente le mani, è sommerso dalla paura dello sporco; impossibilitato a toccare la maniglia della porta, per uscire è costretto ad attendere che qualcun altro la apra, entrando in bagno. Scorsese in maniera un po’ meccanica alterna l’ascesa di Hughes ad i suoi crolli psicologici ed ogni qual volta deve descrivere i tormenti del protagonista predilige le atmosfere buie, virate spesso da colori rossi o cupi. Divorato dai propri fantasmi Hughes si chiude in una stanza del proprio appartamento e, corroso dalle proprie ruminazioni ossessive, s’interroga se prendere una bottiglia di latte, ermeticamente sigillata con la mano sinistra o con quella destra. La stanza dove si  barrica dentro per lungo tempo, ridotta ad un letamaio, è invasa alla formiche ed il pavimento è cosparso di un tappeto di tovaglioli. In un crescendo sempre più delirante mentre scorrono su uno schermo della stanza le immagini in bianco e nero de Il mio corpo ti scalderà, Howard, a dorso nudo, scalzo e con la barba incolta, urina in alcune bottiglie allineate, ossessivamente, sul pavimento in fila, l’una accanto all’altra. Un attimo dopo però Scorsese lo mostra mentre a muso duro discute con Juan di alta finanza e si rifiuta di vendergli la propria compagnia aerea. I dialoghi sono un po’ pomposi e leziosi ma ben curati e su tutti va segnalato questo rapido scambio tra Howard ed Ava. Lei si reca nel suo appartamento e constatato lo stato d’abbandono nel quale vive l’invita a lavarsi ed a farsi la barba. Divorato dalle proprie ossessioni, mentre vede scorrere l’acqua dal lavabo, titubante, le chiede: “Ti sembra pulita?”. Con tono rassicurante ed un pizzico di sarcasmo, lei gli risponde:“Non c’è niente lì dentro, Howard. Niente è pulito ma facciamo del nostro meglio, no?”. Sullo sfondo la madre di Hughes, destabilizzante e poco protettiva), che in apertura del film, al piccolo gli sussurra “Non sei al sicuro mai”. Non mancano (naturalmente) le riflessioni sul cinema. Su tutte la battuta di un produttore che vuole scritturare Katherine Hepburn per un film e le dice: “Ci serve qualcosa che faccia vendere tanti pop-corn”. Cinque premi Oscar 2005.

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