The unsaid- Sotto silenzio di Tom McLoughlin – USA – 2001- Durata 105’

16 Marzo 2019 | Di Ignazio Senatore
The unsaid- Sotto silenzio di Tom McLoughlin – USA – 2001- Durata 105’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Dopo la morte del figlio Kyle, avvenuta quattro ani prima (si è suicidato nel garage di casa con il monossido di carbonio emesso dallo scarico dell’auto di famiglia) Michael Hunter (Andy Garcia) non esercita più la professione. Psichiatra di successo, scrive libri e partecipa solo a delle conferenze. Abbandonato dalla moglie e tenuto a distanza dalla figlia, è sommerso dai sensi di colpa; non solo non è stato in grado di leggere la sofferenza negli occhi di Kyle ma lo aveva spedito da un collega-amico che aveva abusato sessualmente di lui.   Al termine di una conferenza che tiene alla Kansas University (dove insegnava prima del drammatico evento) viene avvicinato da Barbara, un’assistente sociale, sua vecchia amica che gli propone di occuparsi di Tommy Caffey (Vincent Kartheiser) un ragazzo testimone in tenera età dell’omicidio della madre ed affidato ad un programma di recupero sociale. Al termine dell’osservazione Michael deve esprimere un parere sull’opportunità o meno di concedere la “libertà” al ragazzo. Michael accetta l’incarico. Nel corso degli incontri con Tommy, Michael inizia, inconsapevolmente a prendere contatto con i ricordi legati alla morte di Kyle e a “con-fondere” e a sovrapporre mentalmente il ragazzo con il figlio. Nel corso del racconto, dopo una serie di colpi di scena, si scopre che Tommy era stato abusato da piccolo dalla madre e che, per questa ragione, suo padre l’aveva uccisa.

Film sulle rimembranze, sui sensi di colpa inappagati, sulle ferite che non possono rimarginarsi nel tempo. Psico-thriller che, pur prendendone le distanze, rimanda inevitabilmente a due pellicole recenti; “La stanza del figlio” e “Schegge di paura”. Come Moretti (seppur declinandolo in maniera completamente diversa) ripropone il dramma di uno psichiatra di fronte alla morte del proprio figlio; come Hoblit traccia l’ennesimo ritratto di un adolescente perverso e diabolico (faccia d’angelo ma sguardo da maniaco omicida) che sfrutta il dolore di Michael (ripetendo mimeticamente, i gesti e gli atteggiamenti di suo figlio Kyle). Il merito maggiore del film sta proprio nella straordinaria capacità di mischiare le carte e di “insabbiare” emozioni e sentimenti (il titolo, non a caso, rimanda al non detto, al rimosso e a tutto ciò che resta sotto silenzio). Il ritratto dello psichiatra piegato dal dolore per la morte del figlio (anche se un po’ zuccheroso) è disperatamente toccante.

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