Tristana di Luis Buñuel – Spagna- 1970 – Durata 105’ – V.M 14

24 Febbraio 2021 | Di Ignazio Senatore
Tristana di Luis Buñuel – Spagna-  1970 – Durata 105’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
0

Dopo la morte della madre, Tristana (Catherine Deneuve) va a vivere a Toledo, a casa di Don Lope (Fernando Rey), l’anziano tutore, ormai in bolletta. Dongiovanni impenitente, l’uomo la seduce e la costringe a rimanere chiusa in casa in compagnia della serva Saturna (Lola Gaos) e di Saturno (Jesús Fernández), un adolescente ritardato. Tristana appassisce giorno dopo giorno ed allora Don Lope le consente di uscire per qualche breve passeggiata. Tristana conosce Orazio (Franco Nero), un pittore dallo spirito libero e dal gran fascino e senza esitare, fugge via con lui. Due anni dopo, affetta ad un tumore, ritorna a casa di Don Lope e, nonostante le cure, subisce l’amputazione di una gamba. Cinica e crudele, sposa il vecchio satiro diventato ricco dopo la morte della sorella, ma quando è lui colto da un malore, lei finge di chiamare un medico e lo  lascia morire nel letto.

Rispetto al romanzo di Benito Pérez Galdós a cui si è ispirato, Bunuel ambienta la vicenda da Madrid a Toledo e la sposta dalla metà dell’Ottocento agli inizi del  Novecento. Abbandonati flashback ed esercizi di stile, il regista propone una narrazione lineare che vede come protagonista la volubile, complessa e contraddittoria figura di Tristana, una donna costretta dalla propria condizione di indigenza a dover subire le costrizioni imposte dal malsano tutore ma che, dopo aver subito in silenzio, angherie ed umiliazioni, da vittima si trasforma in carnefice. Nel corso della narrazione, grazie all’incontro con Orazio, Bunuel lascia presagire un destino meno tragico per la protagonista, ma il tumore le impedisce di lasciarsi alle spalle il passato e, schiava della propria ambivalenza, finisce per ritornare nella tana del lupo. Nel corso della vicenda Bunuel dissemina le sue ossessioni feticistiche (piedi e gambe femminili) e spiazza tutti con un incubo della protagonista che sogna la testa di Don Lope al posto del batacchio della campana della chiesa. E quando lei glielo confida, l’anziano tutore commenta: “Anche se sono incubi, fanno bene i sogni. Solo i morti non sognano, Buonanotte figliola.”

Comments are closed.

Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi