Il pozzo e il pendolo di Roger Corman – 1961

21 Luglio 2015 | Di Ignazio Senatore
Il pozzo e il pendolo di Roger Corman – 1961
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Spagna, 1500. Elizabeth (Barbara Steele) moglie di Nicholas Medina (Vincent Price) muore in circostanze misteriose. Francis Barnard (John Kerr) giunge dall’Inghilterra al castello per chiedere a Nicholas come sia morta sua sorella. Nicholas si strugge nel dubbio di averla sepolta viva e gli confida che a sua madre toccò la medesima sorte perché fu così punita, un tempo, dal marito per un suo infame tradimento. Il castello è funestato da misteriosi avvenimenti che gettano ancor più Medina in uno stato di frustrazione e di sconforto. Francis lo convince a verificare i suoi dubbi e Nicholas, dopo aver ottenuto la conferma che le sue paure erano fondate, crolla. Ma Elizabeth, simulando la propria morte aveva ordito con Leon, il suo amante, il piano per fare impazzire il marito. Quando Nicholas scopre l’inganno uccide prima l’uomo, gettandolo nel pozzo, e poi segrega la moglie in una cella. In preda alla follia, scambia Francis per l’amante dalla moglie e lo incatena al pendolo, un antichissimo strumento di tortura usato da suo padre nelle vesti di inquisitore. Nicholas muore, Francis sarà liberato. Il film si chiude con gli occhi sbarrati di Elizabeth che, disperata, sa di non poter sfuggire alla crudele condanna. Maestro nel rappresentare le atmosfere necrofile e malsane del tenebroso castello, Corman utilizza l’omonimo racconto di Edgar Allan Poe dilatandolo al massimo, fino a farlo diventare (quasi) un mero pretesto narrativo. Il regista adotta le invenzioni visive care al gothic-horror: passaggi segreti, gli intricati meandri dell’antico maniero, entità oscure, strumenti musicali che suonano da soli, una voce femminile che squarcia il silenzio delle stanze chiamando Nicholas per nome. Il tema edipico compare solo sullo sfondo e Corman, con una geniale intuizione, lascia trapelare che lo struggimento di Nicholas sia più legato all’antica punizione inferta un tempo alla madre che all’identica sorte toccata alla sua amata Elizabeth. Medina, non potendo immaginare di essere vittima della macchinazione di Elizabeth, si convince sempre più che le visoni di cui soffre sono il frutto della propria mente malata. Girato dopo il successo inaspettato de I vivi e i morti, il film si avvale della sceneggiatura di Richard Matheson e della splendida fotografia di Floyd Crosby (già operatore di Murnau) che con i suoi filtri cromati immerge ancor più il film in un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà. Da cineteca l’urlo agghiacciante di Elizabeth con cui si chiude il film. La nebbia sintetica che avvolge il castello come una spessa coltre, serviva a Corman per amplificare l’effetto claustrofobico della vicenda, ma era anche un trucco per mascherare la povertà di mezzi economici che aveva a disposizione. Rifatto nel 1991, con lo stesso titolo ma con scarso successo, da Stuart Gordon.

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