Milano. Oliviero (Luca Porro), un tredicenne più maturo della sua età anagrafica, vive con il papà Piero (Alessandro Haber), un pittore che ha smesso di dipingere e la madre Rossana (Valeria D’Obici), due ex sessantottini alla ricerca della loro identità.
Una sera May (Victoria Gadsden), una delle tante amiche che trascorrono le serate in casa loro a fumare canne e ad ascoltare musica, s’addormenta al fianco di Oliviero.
Lei resta incinta e comunica al bambino la lieta notizia. Rossana suggerisce a May di abortire, Piero non sembra in grado di prendere alcuna decisione ed alla fine prevale la scelta di Oliviero di tenere il bambino. Nasce Cristiano (Pisello) ma, dopo qualche tempo, May deve partire per una tournee ed affida ad Oliviero la cura del piccolo.
Rossana è scombussolata all’idea di essere diventata nonna a trenta quattro anni, Piero sembra non essere, invece sfiorato affatto dall’idea di dover prendersi cura del nipotino.
Oliviero comprende che non c’è spazio per lui e Cristiano e se ne va di casa. Gironzola per città e fa conoscenza con dei tipi strambi; un vagabondo (Leopoldo Trieste), un ladruncolo che fa il “palo” (Piero Mazzarella) e Corazza (Eros Pagni), un tipo losco che gestisce un vecchio Luna Park.
Dopo aver pensato di affidare Pisello ad un orfanatrofio, lo ritrova, per caso, su un tram. E mentre Piero, ritrovata la vena pittorica, vive nel Luna Park facendo ritratti agli occasionali avventori e Rosanna è partita con le amiche per la Cambogia, Oliviero decide di ritornare a casa con Pisello.
Con questo piccolo-grande film il regista italo-americano porta una ventata d’aria fresca nel cinema italiano e, con ironia, mette in campo due genitori adolescenti, incapaci di crescere e di assumersi le proprie responsabilità di adulti (Piero si fa mantenere dal padre e Rossana s’imbarca in progetti lavorativi fallimentari), che, invece, di sostenere Oliviero e di aiutarlo a crescere il bambino, gli scaricano addosso le loro ansie e frustrazioni.
Del Monte li prende, garbatamente, in giro descrivendoli come due persone irrisolte ed immature, che si esprimono con delle banali frasi fatte prese a prestito dalla psicoanalisi o dalle vecchie lotte dei militanti di sinistra.
Ma forse il pregio migliore del regista è quello di non aver messo in campo il solito ragazzino supersimpatico e saccente, ma un tredicenne che, preso atto di non poter contare sui propri genitori, con leggerezza e gran senso di responsabilità, si prende cura del piccolo Pisello.
Per l’intervista completa a Peter Del Monte, l’antologia della critica e della critica online del film si rimanda al volume di Ignazio Senatore: “Peter Del Monte Un regista controvento” -Falsopiano Editore (2017)
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