Persona di Ingmar Bergman – Svezia – 1966 – Durata 86’ – B/N

8 Agosto 2020 | Di Ignazio Senatore
Persona di Ingmar Bergman – Svezia –  1966 – Durata 86’ – B/N
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
0

Durante la rappresentazione teatrale dell’Elettra, l’attrice Elisabeth Vogler (Liv Ullmann) si blocca improvvisamente, tra una scena e l’altra, travolta da un’inspiegabile desiderio di ridere. Al termine della recita regala ai colleghi qualche frase di circostanza e poi si rinchiude nel più assoluto mutismo. La dottoressa (Margaretha Krook) che l’ha seguita durante il ricovero in una clinica psichiatrica non ne cava un ragno dal buco e l’affida alle cure di Alma (Bibi Andersson), infermiera giovane ed inesperta. Il quadro clinico della paziente non muta e la dottoressa le consiglia di cambiare aria e di trasferirsi con Alma nella sua villa al mare. Attratta dal fascino di Elisabeth, Alma ben presto solidarizza con lei e, nel tentativo di sbloccarla, nel corso di confessioni fiume, le svela i propri più intimi segreti. Elisabeth l’ascolta attentamente ma è una statua di sale e quando Alma le chiede di restituirle emotivamente qualche commento, di fronte al suo immutabile atteggiamento, esasperata, l’aggredisce verbalmente. Elisabeth ha le labbra incollate, non pronuncia una sillaba ed in una lettera rivela i segreti più personali di Alma che, la legge prima di spedirla e, ferita e delusa, le vomita addosso il proprio disprezzo. Elisabeth non reagisce, non si difende e persiste nel suo cocciuto e rigido isolamento. Alma comprende allora che è sano staccarsi da lei e che è preferibile continuare a svolgere in un altro luogo la professione.

In questa pellicola Bergman non tradisce il proprio cinema essenzialmente statico e verboso, impreziosito da lunghissimi silenzi, da un uso quasi ossessivo dei primi piani delle protagoniste, e dalle amare riflessioni sulla vita e la morte, sul mestiere dell’attore e sul cinema. Alma è descritta come un’infermiera semplice, sensibile ed affettuosa che finisce irrimediabilmente per innamorarsi di Elisabeth, un’attrice egoista, arida e superba che la disprezza e la giudica dall’alto in basso. Nel corso del film Alma, si racconta, si mette a nudo e compie una sorta di autoanalisi personale che l’aiuta a crescere ed a sbarazzarsi del propri fantasmi del passato. Scoprirà, nel corso della vicenda, che la sua amata-odiata Elisabeth è vuota e senz’anima e, come recita il titolo del film, dietro la sua “persona” c’è solo la maschera di un’attrice. Bergman arricchisce la narrazione con una sequenza meta-cinematografica (la pellicola che brucia e si accartoccia su se stessa) con un’altra che rimanda al “cinema nel cinema” (un operatore riprende il pullman che sta riportando in città una delle protagoniste) ma sopratutto apre e chiude la vicenda con una sequenza di rara bellezza; un ragazzo protende la mano verso la gigantografia della foto di Elisabeth che rimane opaca e sfuocata e ricorda allo spettatore la finzionalità del racconto appena narrato. Splendida la fotografia in bianco e nero di Sven Ny Kvist.

Comments are closed.

Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi