I pugni in tasca di Marco Bellocchio – Italia – 1965 – B/N – Durata 107’ – V.M 14

8 Agosto 2020 | Di Ignazio Senatore
I pugni in tasca di Marco Bellocchio – Italia – 1965 – B/N – Durata 107’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Alessandro (Lou Castel) è un ragazzo epilettico, fragile e tormentato mentalmente. In perenne competizione con Augusto (Marino Masè), il fratello maggiore, decide di “rimettere ordine” all’interno del gruppo familiare. Dapprima getta la madre (Liliana Geraci), cieca, da un dirupo, successivamente, annega nella vasca da bagno Leone (Pier Luigi Troglio) il fratello ritardato.  Colpito da una crisi epilettica, sua sorella Giulia (Paola Pitagora) temendo di essere la sua prossima vittima, non muove un dito per salvarlo.

Accecante opera prima di Bellocchio, girata con un terso bianco e nero, che scatenò le ire dei benpensanti del tempo ed inaugurò quel filone “ribellista” del cinema italiano. Film sulla dissoluzione borghese e sulla crisi di valori all’interno dell’istituzione familiare ricco di sequenze memorabili; quelle al limite dell’incesto tra Alessandro e sua sorella Giulia, quella dell’annegamento di Leone e quella finale, con le note de La Traviata in sottofondo. Alessandro non è mostrato non come un maniaco omicida ma come un eroe tragico costretto a lottare contro la dissoluzione borghese e la crisi istituzionale della famiglia. A Giulia spiega i motivi che lo hanno spinto a mettere in atto il diabolico piano: “Credi che la mamma sia morta per disgrazia? Io ho ucciso la mamma, con queste mani, con tutta la mia paura…Sono io che ho rischio l’ergastolo per il bene della famiglia! E lui, come un ladruncolo, tutto ad un tratto diventa fraterno, porta in casa Lucia, le fa servire il caffè… per portarmi via la fortuna che io ho fatto! Questo cervellino qui, a cui non date quattro soldi di fiducia, ha pensato a tutto, lui.”  Per rinforzare ancora di più il suo alone epico Bellocchio regala ad Alessandro l’epilessia perché nell’antichità, chi soffriva di questo male era visto come portatore di  verità e quando cadeva a terra, si credeva che un Dio parlasse per bocca sua. Strepitosa l’interpretazione di Lou Castel, tutta permeata da scatti improvvisi, da una straordinaria mobilità espressiva e da un sorriso sardonico e beffardo.

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