I misteri di un’anima (Geheimnisse einer seele) di Georg Wikhelm– Germania – 1926 – Durata 71’- B/N

30 Agosto 2020 | Di Ignazio Senatore
I misteri di un’anima (Geheimnisse einer seele) di Georg Wikhelm– Germania – 1926 – Durata 71’- B/N
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Martin (Werner Krauss) chimico viennese è profondamente infelice perché dal matrimonio con la giovane ed affettuosa moglie (Ruth Weyher) non sono nati dei figli. Quando l’atletico e prestante cugino Erich (Jack Trevor), loro amico d’infanzia, ritorna dall’India, Martin è sommerso da incubi notturni, da un’irrefrenabile desiderio di uccidere la moglie e da un’incoercibile avversione per lame, coltelli, rasoi, tagliacarte e per tutto ciò che è appuntito. Non appena il cugino va a trovarli, Martin, nervoso e furibondo, se ne va di casa e si reca in un ristorante dove dimentica, su un tavolino, la chiave di casa. Il dottor Chas Orth (Pavel Pavlov) un paterno psicoanalista gliela restituisce e, grazie a quell’atto mancato, intuisce che l’uomo ha l’animo in subbuglio e non desidera far rientro a casa. In cerca di conforto ed in preda ad un febbrile stato d’agitazione Martin si reca dalla madre (Ilka Gruning) che prova, invano, a contenere le sue ansie. Martin decide allora di consultare il dottor Orth che, nel corso di qualche seduta, dopo aver raccolto il materiale onirico, gli restituisce l’agognata serenità e gli permette di riconciliarsi con la moglie ed il cugino. Nel caramelloso happy end la coppia è allietata dalla nascita di un bambino.

Capolavoro del muto e del cinema espressionista tedesco passato alla storia perché il regista chiese a Sigmund Freud di partecipare alla stesura della sceneggiatura e dopo il suo rifiuto si avvalse della collaborazione degli psicoanalisti Hanns Sachs e da Karl Abraham che provarono, invano, a rassicurare il loro maestro sull’onestà dell’operazione. Pabst dissemina la narrazione con degli insistiti riferimenti alla maternità (la cagnolina del protagonista da alla luce dei cuccioli, Martin sogna la moglie in barca con il cugino ed in braccio un bebé, Eric regala a Martin una statua di un dio indiano della fertilità) che riattivano nell’anziano chimico ataviche paure e lo spingono a temere che la moglie possa tradirlo ed abbandonarlo. Nel corso del trattamento lo psicoanalista gli presta ascolto e riesce a far riaffiorare un evento doloroso del passato che Martin aveva rimosso; da bambina la sua futura moglie aveva preferito giocare insieme ad Eric con la sua bambola e lo aveva messo in disparte. Nonostante la magica guarigione del protagonista, la pellicola mantiene intatta, a distanza di anni, il proprio fascino e va apprezzata per la straordinaria carica visiva, per le pregevoli invenzioni stilistiche, le rapide e nervose sovrimpressioni e l’uso sapiente del flashback. Il film è perennemente sospeso tra sogno e realtà ed il misterioso assassinio a colpi di rasoio di una donna, vicina di casa di Martin, con cui si apre il film, rende ancora più inquietante la vicenda. L’atmosfera è abbastanza cupa e disperata ed il regista l’alleggerisce mostrando la madre del protagonista, che avendo comprese le difficoltà del figlio ad usare i coltelli, gli tagliuzza la carne, coccolandolo come un bambino.

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