Ignazio Senatore intervista Stefano Incerti

13 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
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Pochi possono vantare un inizio così folgorante. Con la sua pellicola Il verificatore Stefano Incerti vinse nel 1995 il premio David come miglior regista esordiente. Dopo aver diretto nel 1997 Il diavolo in bottiglia, episodio del film collettivo I vesuviani, insieme a Martone, Capuano e De Lillo, nel 2003 ha girato La vita come viene, film corale interpretato da Stefania Sandrelli, Stefania Rocca e Valeria Bruni Tedeschi. Dopo alcuni pregevoli documentari, Incerti torna nelle sale con L’uomo di vetro, pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Salvatore Parlagreco ed interpretata da David Coco, Anna Bonaiuto e Tony Sperandeo.

Il film narra le vicende di Leonardo Vitale, il primo pentito di mafia che, per compiacere suo zio Titta, noto boss mafioso, ancora adolescente, tra i diciassette ed i venti anni, aveva già ucciso due uomini. Sfrontato, deciso e sicuro di sé, in breve tempo Vitale era diventato capo di dieci picciotti ma dopo essere stato accusato ingiustamente del sequestro Cassina, dopo quaranta giorni in cella di isolamento in carcere, era andato immediatamente in crisi.

Personalità disturbata e complessa, in piena crisi mistica e con la mente sempre più in frantumi, dopo essersi inciso con un cucchiaio una croce sul petto, iniziò a fare i nomi di parenti ed amici che  appartenevano alla cosca mafiosa. Dopo i primi arresti eccellenti, la mafia decise allora di neutralizzarlo, facendolo passare per pazzo. Vitale, dopo aver subito diversi elettroshock, finì in manicomio giudiziario e qualche mese dopo la sua dimissione fu freddato dalla mafia, con cinque colpi di pistola..

Raggiante per il lusinghiero successo ottenuto al Festival di Taormina dove il film è stato presentato in anteprima, Incerti così si racconta:

“La pellicola, prodotta da Rai Cinema e da Red Film, è fedele al volume di Parlagreco, giornalista palermitano che ha ricostruito minuziosamente e con dovizia di particolari l’intera vicenda di Leonardo Vitale. Più che un affresco sociale sulla mafia, volevo raccontare una storia intima e personale. Leonardo Vitale non è un eroe come Giuseppe Falcone o Paolo Borsellino ma un soggetto che finisce per andare in confusione e, per scaricarsi la coscienza dalle proprie colpe, confessa i propri crimini, fa i nomi degli appartenenti alle cosche, scegliendo, come luogo per queste sue scottanti dichiarazioni, non il carcere ma una piccola chiesetta di campagna.

L’unico a credere alle sue rivelazioni fu Contrada mentre gli altri inquirenti, fin dall’inizio, iniziarono a storcere il naso. La mia pellicola farà sicuramente discutere e squarcia finalmente il panorama di un cinema italiano inflazionato dai troppi film panettoni e da quelle banali storie generazionali incentrate sui teen-agers.”  

A rendere ancora più suggestiva la pellicola la presenza come co-sceneggiatrice del film, al fianco del regista, della talentuosa Heidrun Schleef, autrice tra l’altro, degli script de La stanza del figlio di Nanni Moretti, di Ricordati di me di Muccino e di Mare nero di Roberta Torre.

Articolo pubblicato su “Il Napoli – Epolis”- 18-6-2007

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