Lanterne rosse (Dahong Denglong gaogao gua) di Zhang Yimou – Cina- 1991 – Durata 126’

30 Settembre 2020 | Di Ignazio Senatore

Dopo la morte del padre, la diciannovenne Songlian (Gong Li), in perenne contrasto con la matrigna, è costretta a abbandonare l’università e con essa i sogni di diventare libera e indipendente.

Per sfuggire alla povertà non le resta che diventare una concubina e diventa la quarta moglie del cinquantenne Chen Zuoqin (Ma Jingwu), un ricco signore di un’antica casata cinese, già sposato con Yuru (Jyn Shuyan) la moglie più anziana, con la perfida e malvagia Zhuoyun (Cao Cuifen) e Meishan (He Caifei) ex cantante affascinante e capricciosa.

Ciascuna moglie dorme nel proprio padiglione e, per tradizione, ogni notte Chen fa accendere una lanterna davanti all’appartamento della moglie con la quale decide di trascorrere la notte.

La prescelta potrà disporre di alcuni privilegi, come dare ordine alle altre mogli, scegliere il cibo da cucinare per l’indomani e godere di un riposante massaggio.

L’arrivo di Songlian scatena, inevitabilmente, le invidie e le gelosie delle altre mogli; Zhuoyun le fa una fattura (un bambolotto pieno di spilli) per impedirle di avere dei figli e l’ex soprano Meishan finge di star male e canta ad alta voce ogni qual volta Chen trascorre la notte con lei.

Per conquistare i favori del marito, Songlian finge, allora, di essere incinta. Da quel momento, come segno di longevità, la lanterna rossa del suo appartamento è perennemente accesa. Yaner, una delle serve, rivela però l’inganno al padrone che, in segno di umiliazione, fa ricoprire con un velo nero, simbolo di vergogna, la lanterna posta davanti l’appartamento di Songlian.

Ferita nell’orgoglio, per vendicarsi di Yaner, Songlian la costringe a trascorrere, inginocchiata, delle ore in cortile in mezzo alla neve, facendola morire di polmonite.

Il giorno del ventesimo compleanno Songlian, ubriaca, svela al marito che la sua terza moglie ha una relazione con il dottore Gao, medico di famiglia.

Meishan è impiccata nella “stanza della morte” e Songlian, corrosa dai sensi di colpa, impazzisce. Il film si chiude con l’arrivo della giovanissima quinta moglie di Chen mentre Songlian vaga come un’ombra nel cortile.

Zhang Yimou (Sorgo rosso, Ju dou, Non uno di meno, La foresta dei pugnali volanti…) ammanta di rosso la pellicola, ambienta la vicenda nella Cina del 1920 e regala un amaro affresco d’epoca.

In una società retta da millenarie e immutabili tradizioni, alla donna non è riservato che il ruolo di schiava sottomessa e silenziosa, costretta a piegarsi al volere dello sposo.

Passo dopo passo assistiamo allo sgretolarsi della mente della tenera e disarmante Songlian, incapace non solo di fronteggiare le acerrime e dispettose rivali, ma, soprattutto, di piegarsi alle rigide regole e divieti imposti dalla tradizione e dal burbero Chen (che non appare quasi mai sulla scena). Ammaliante la fotografia di Zhao Fei e di Lun Yang.

Leone d’argento alla Mostra di Venezia (ex aequo con La leggenda del re pescatore di Terry Gillian e J’entends plus la guitare di Philippe Garrel). Tratto dal romanzo Mogli e concubine di Su Tong. La traduzione letterale del titolo originale è: “Appendete in alto la grande lanterna rossa”.

Oscar, Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia e David di Donatello come miglior film straniero (1992).

Il film fu proibito in patria e uscì solo anni dopo, perché al tempo, secondo i funzionari cinesi, la vicenda, sebbene ambientata negli anni Venti, rimandava troppo palesemente all’attualità.

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