La sindrome di Stendhal di Dario Argento – Italia – 1996 – Durata 117’ – V.M 14

7 Ottobre 2020 | Di Ignazio Senatore
La sindrome di Stendhal di Dario Argento – Italia – 1996 – Durata 117’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Anna Manni (Asia Argento), un’agente della polizia, è sulle tracce di un pericoloso serial killer. Mentre è in visita alla Galleria degli Uffizi, alla vista di quei capolavori è colta da improvvise allucinazioni visive ed uditive e, dopo essere stata colta da vertigini, sviene. Al risveglio scopre che dalla sua borsetta sono spariti sia la pistola che i documenti e, non appena rientra in albergo è violentata dal pericoloso serial killer. Anna è a pezzi, si rivolge ad uno psicologo al quale racconta quanto le era accaduto agli Uffizi; il dottor Cavanno (Paolo Bonacelli) la rassicura e le parla  della Sindrome di Stendhal, una sorta di spaesamento che coglie alcuni soggetti particolarmente sensibili alla bellezza delle opere d’arte. Dopo una serie di colpi di scena, Anna smaschera Alfredo (Thomas Kretschmann), il sanguinario e perverso serial killer, che la rapisce e la conduce in una tomba etrusca dove la violenta nuovamente. Anna riesce a liberarsi ed a far precipitare il maniaco in una cascata. L’uomo è morto, ma Anna, con la mente sempre più in frantumi, è convinta che Alfredo si sia impossessato di lei. L’incontro con Marie (Julien Lambroschini), giovane studente francese di Belle Arti, sembra ridarle gioia e serenità ma Anna, dopo aver indossato una parrucca bionda, uccide lo psicologo e Marco Longhi (Marco Leonardi), un collega che vigilava su di lei. Ma la polizia è ormai sulle sue tracce.

Il genio visionario di Dario Argento non delude i suoi fans e, come in ogni giallo che si rispetti, depista sapientemente lo spettatore fino a lasciar intendere che il dottor Cavanno possa essere il folle omicida. L’incipit del film è uno spettacolo per gli occhi ed il regista regala allo spettatore pagine di gran cinema; di fronte a La battaglia di San Romano di Paolo Uccello Anna sente lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli, il vociare sempre più assordante dei soldati ed il rumore stridente delle lame che s’incrociano nella battaglia;  quando s’imbatte ne La primavera di Sandro Botticelli sente il vento soffiare e sibilare nelle orecchie e quando è davanti a La Ronda di  Rembrandt, rapita, entra direttamente nel quadro.  Dopo questo inizio straordinario, la vicenda si disunisce ed Argento si lascia prendere la mano e non lesina di mostrare scene sanguinolenti, cariche di inaudita violenza. Il lento ed inesorabile sgretolamento  della mente della protagonista è descritta con cura ed il film si chiude poeticamente con Anna che, divorata dai propri fantasmi, vaga dispersa, come un’ombra, per strada. Nel cast Luigi Diberti nei panni del commissario Manetti. Straordinari gli effetti speciali di Sergio Stivaletti. Ispirata al volume omonimo di Graziella Magherini.

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