Don’t say a word di Gary Fleder – USA – 2001 – Durata 113’

20 Novembre 2020 | Di Ignazio Senatore

La sera che precede il giorno del Ringraziamento nel reparto per malattie mentali di New York è ricoverata Elizabeth Burrows (Brittany Murphy) una diciottenne con una lunga carriera psichiatrica alle spalle. Dopo aver assalito un infermiere a colpi di rasoio si è rinchiusa nel più assoluto mutismo. Data la gravità del caso, il dottor Louis Sachs (Oliver Platt) chiede all’illustre collega Nathan Conrad (Michael Douglas) di prendersene in carico. Dalla storia clinica emerge che Elizabeth ad otto anni aveva assistito alla morte del padre, colpevole di aver trafugato a Patrick (Sean Bean) un cinico e spietato malvivente ed alla sua banda un rubino del valore di dieci milioni di dollari e che da quel giorno custodiva nella propria mente un numero di sei cifre che era la chiave per il ritrovamento della gemma preziosa. Dopo aver sequestrato Jessie, la figlioletta di Conrad, Patrick minaccia lo psichiatra di ucciderla se, entro un paio d’ore il dottore non scopre la combinazione numerica custodita nella mente della ragazza. Riuscirà Conrad a salvare la vita della sua amata Jessie?

Thriller ad orologeria di buona fattura che si basa su alcuni artifici narrativi classici del genere; un uomo ordinario chiamato improvvisamente a vestire i panni dell’eroe, la ricerca affannosa di indizi che possono aiutare allo svelamento dell’enigma, l’inesorabile rincorsa contro il tempo. Per aumentare la suspense Fleder ci propone Aggie (Famke Janssen) la moglie di Conrad inchiodata a letto per una frattura  ad una gamba, un paio di misteriosi omicidi ed un finale cupo e spettrale ambientato in un cimitero.

La vicenda intriga ma l’idea che l’esperto dottor Conrad in poche ore possa scardinare le resistenze della paziente più che inverosimile è irritante. Nel corso della prima seduta Conrad prova ad entrare in contatto con Elisabeth ma la paziente centra immediatamente il cuore del problema e gli dice:

Tu vuoi quello che vogliono loro. Non lo dirò mai a nessuno di voi”.

Successivamente Conrad cerca di far leva sulla sua compassione, le porta la bambola preferita della figlia, una lavagna ed un libro di tavolette e scioglie così le sue difese; Elisabeth, magicamente, fa luce sul proprio passato e, dopo aver rispolverato antichi ricordi, fa risalire a galla il fatidico numero di serie ed il luogo dove il padre aveva nascosto la gemma preziosa. Come è prevedibile Conrad è più abile come detective che come psichiatra ed i suoi interventi terapeuti sono assolutamente da dimenticare. Anche se il ritmo è incalzante, la tensione ben calibrata e non mancano i colpi di scena, la pellicola riamane confinata nell’ambito di una buona confezione commerciale. Dal romanzo Non dire mai una parola di Andrei Klavan.

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