Janice Baildon (Sandy Ratcliff) adolescente sbandata e svanita vive in casa con il padre (Bill Dean) e la madre (Grace Cave). Dopo qualche infruttuoso colloquio con Mike, un giovane psicologo, i genitori spingono Janice a sospendere la cura ed a rivolgersi al dottor Donaldson (Michael Riddal) uno psichiatra che non prescrive psicofarmaci ma prende in trattamento anche la coppia genitoriale. Dopo qualche incontro il dottore intuisce che gli arcigni genitori di Janice l’hanno sempre colpevolizzata ed, agendo un massiccio e patologico controllo su di lei, le hanno imposto le loro scelte, costringendola anche ad abortire. Donaldson prova a prendere le difese della ragazza ma la madre, d’accordo con il marito, sentendosi attaccata e messa sotto accusa, decide di ricoverare Janice in manicomio. Impazzita, la ragazza si convince che qualcuno la spii e le abbia messo dei fili elettrici nel cervello. Affidata a degli psichiatri di vecchio stampo, è imbottita di psicofarmaci e lobotomizzata.
Diventato il manifesto cinematografico, per antonomasia, dell’antipsichiatria, il film è diretto con uno stile realista ed immediato ma risulta statico, povero visivamente ed eccessivamente verboso. Loach regala allo spettatore dei monologhi fiume ma sferra un duro attacco contro l’approccio custodialistico e repressivo della malattia mentale. La descrizione che il regista offre delle dinamiche relazionali che scattano all’interno di una famiglia disfunzionale è spietata ed i genitori di Janice sono descritti come due persone burbere, scontrose, ipercontrollanti, incapaci di provare un pizzico di tenerezza per la figlia.. All’inizio del film Donaldson spinge Janice ad andarsene di casa ma lei, con candore, gli risponde che le cose non sono così semplici e che per lei è più facile aderire a quello che vuole sua madre piuttosto che lottarle contro. I terapeuti che ruotano intorno a Janice appaiono come degli ingenui sognatori che si battono, disperatamente, contro i mulini a vento ed attaccando i genitori di Alice, finiscono per irritarli ancora di più e fare il loro gioco: “Se dicono che sei cattiva, l’unico modo per dimostrare di essere buona è quello di esser d’accordo, così dicono che sei buona, non sei più cattiva, se ammetti di esserlo. Ma se loro dicono che sei cattiva e non ammetti di esserlo allora sei cattiva davvero.” è l’amaro commento di una paziente che partecipa ad una seduta di terapia di gruppo. Janice ispira una profonda tenerezza anche perché, fin dalle prime battute, s’intuisce che finirà per essere vittima di un madre troppo algida e prevaricatrice e di un padre collerico, insensibile e distante. Tratto dal melodramma In two minds di David Mercer
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