Le invasioni barbariche (Les invasions barbares) di Denys Arcand – Canada – 2003- Durata 99’

29 Dicembre 2020 | Di Ignazio Senatore
Le invasioni barbariche (Les invasions barbares)  di Denys Arcand – Canada – 2003- Durata 99’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Rémy (Rémy Girard) cinquantenne, ex professore all’università, affetto da un male incurabile, è ricoverato in un ospedale di Montreal. Accorrono al capezzale Louise (Dorothée Berryman) l’ex moglie ed il figlio Sébastien (Stéphane Rousseau) un facoltoso agente di Borsa che vive e lavora a Londra. L’ospedale dove è ricoverato Remy è affollato e funziona male e Sébastien vorrebbe trasferire il padre in una struttura super attrezzata di  Baltimora. Ma Remy non vuole lasciare la città ed allora Sébastien, corrompe amministrativi e sindacati che a tempo di record, riattano un piano abbandonato dell’ospedale, dotandolo, di tutti i confort. Ricolmo di cure ed attenzioni Remy inizia a soffrire di dolori sempre più atroci ed allora Sébastien chiede a Nathalie (Marie Josee Croze) una giovane tossicomane, in cambio di un bel po’ di quattrini, di fare da infermiera al padre e di iniettargli la dose quotidiana d’eroina. La vita di Remy è ormai agli sgoccioli e Sébastien e la moglie lo accompagnano con i suoi inseparabili amici in una casa sul lago dove trascorrono insieme le ultime ore felici prima che Nathalie regali a Remy una “dolce morte”.

Sequel de Il declino dell’impero americano diretto dallo stesso regista nel 1987, il film è un piccolo gioiello di ironia ed è una colta e dissacrante riflessione sui giorni nostri. Senza indugiare nella retorica o in facili sentimentalismi, Arcand descrive gli ultimi battiti di vita di Remy, un intellettuale di sinistra che per tutta la vita si è battuto contro le invasioni dei “barbari”, i rampanti capitalisti che hanno anteposto il denaro ed il successo alla cultura  ed alla civiltà.

Il film è ricco di dialoghi arguti, di dotte disquisizioni sul senso della vita e sul graduale imbarbarimento della nostra società. Nonostante la morte incombi, sequenza dopo sequenza, il clima che si respira è di travolgente vitalità. Remy è descritto come un dongiovanni impenitente, un guadente che non ha esitato a scompaginare il proprio gruppo familiare per correre dietro le sottane e che da bambino era rimasto folgorato al cinema dalle gambe nude di Ines Orsini che interpretava Santa Maria Goretti. Ma più che le confidenze intime e private di un uomo che sta morendo, il regista vuole mettere sulla scena la crisi di un’intera generazione di intellettuali che si ritrova a fare il magro bilancio della propria vita. Da incorniciare il rapporto tenero ma ambivalente tra Remy e Sebastien. Non meno pulsanti l’affettuosa e silenziosa figura di Louise e quella tormentata e sconfitta di Nathalie. Oscar 2004 come migliore film straniero. Premio per la miglior attrice a Marie Josee Croze e a Denis Arcand per la miglior sceneggiatura. al Festival di Cannes 2004.

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