Il male oscuro di Mario Monicelli – Italia – 1989- Durata 113’

31 Gennaio 2021 | Di Ignazio Senatore
Il male oscuro  di Mario Monicelli – Italia – 1989- Durata 113’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Il cinquantenne Giuseppe Marchi (Giancarlo Giannini) è uno sceneggiatore in crisi; da mesi deve consegnare uno script su Giuda ed un romanzo che ha soltanto abbozzato. Dopo la morte del padre pianta in asso Sylvaine (Stefania Sandrelli) ed inizia a frequentare una splendida ragazza (Emmanuele Seigner) che, dopo essersi invaghita di lui, lo sprona a dimagrire, a fare del nuoto ed a mettersi a dieta. Giuseppe la sposa ma dopo poco ritorna a condurre la vita sedentaria di sempre. La sua carriera professionale non decolla, le sue finanze languono, il matrimonio va in crisi ed i suoi acciacchi si moltiplicano giorno dopo giorno. Sempre più frustrato ed insoddisfatto e sommerso da attacchi di panico, va in trattamento da uno psicoanalista. Dopo aver scoperto che la moglie ha una relazione da tre anni con un altro uomo, Giuseppe se ne va a vivere in campagna a coltivare la terra.

Monicelli si  limita a trasporre sullo schermo il noioso e prolisso romanzo di Giuseppe Berto ma per trasformarlo in un grande film avrebbe dovuto tradirlo e trasfonderlo di una passione e di un’energia che non sono presenti nel testo. Il regista descrive con scarso appeal la vicenda del protagonista, un nevrotico che, per tutta la durata del film, urla, strepita, si lamenta e maltratta chiunque gli capiti a tiro.  Per tutto il film, Giuseppe si lamenta dei mali immaginari che lo affliggono, consulta medici e specialisti e si sottopone a delle svariate indagini cliniche. Anche la relazione con l’analista (Vittorio Caprioli) è conflittuale ed ambivalente. Alla moglie, sbraitando ed agitandosi come al solito confessa: “Devo continuare ad ammazzarmi di lavoro e a sputtanarmi per pagare uno psicoanalista terrone, freudiano per di più. Ma se non ci abboccano più neanche le signore delle boutique! Io un intellettuale, un milione e mezzo al terrone! Quello è un deficiente, uno che sostiene che non ho la colite! Un cretino! E poi continua a chiedermi: Sogna? Sogna? Io non ho mai sognato.“ Dopo aver raccolto i cocci della propria vita andata ormai a rotoli, sul finale,  comprende, grazie al trattamento analitico,  che alla base dei mali psicosomatici di cui è affetto c’è il rapporto irrisolto con il padre, un uomo arcigno e severo. David di Donatelo a Mario Monicelli nel 1990 per la migliore regia.

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