Pomme (Isabelle Huppert) diciottenne, timida ed introversa, lavora a Parigi, come apprendista in un negozio di parrucchiera.
E’ estate e decide di trascorrere le vacanze in Normandia, a Cabourg (una località balneare anonima e provinciale) con Marylen, l’unica amica, in crisi perché abbandonata dall’amante.
Marylen non si perde d’animo e rimorchia in un baleno un distinto signore, lasciando Pomme (il cui vero nome è Beatrice) da sola nella misera stanza d’albergo.
Una mattina, mentre sta gustando al bar, un gelato al cioccolato, Pomme è avvicinata da Francois (Yves Beneyton), un giovane studente universitario della Sorbona.
I due escono insieme, s’innamorano e, dopo un po’, vanno a vivere insieme in un monolocale a Parigi.
Ben presto Francois si stanca di questa relazione e, di punto in bianco, scarica Pomme che non può fare altro che raccogliere in una valigia le sue povere cose e scomparire in silenzio.
Tornata a casa dalla madre, rifiuta di alimentarsi, vomita, sviene ed è ricoverata in ospedale e poi in un manicomio.
L’ultima scena ci regala Pomme che lavora a maglia, con lo sguardo fisso nel vuoto e che si rivolge poi, di scatto, e con un’aria interrogativa, alla mdp.
Dramma impalpabile, esile e trasparente, dove la protagonista principale non è una di quelle eroine a tutto tondo ma, al contrario, una figura di contorno e di sfondo.
La scritta che compare nei titoli di coda, non solo chiarisce il titolo del film (chiaro riferimento a un quadro del pittore fiammingo Vermeer) ma ne diventa l’emblema:
“L’amore le è passato accanto e l’ha sfiorata appena, senza vederla, perchè è una di quelle anime che non lanciano segno ma che bisogna pazientemente interrogare, sulle quali bisogna saper posare lo sguardo. Un pittore, un tempo, ne avrebbe fatto il soggetto di un quadro; sarebbe stata lavandaia, portatrice d’acqua, merlettaia.”
Pomme resta scolpita nella mente dello spettatore, per quella sua genuina inerzia emotiva, per la sua incapacità d’accedere alla complessità del pensiero e degli affetti. Goretta (L’invito, Il difetto di essere moglie, La morte di Mario Ricci, Orfeo…) pennella, con tocchi sapienti, il ritratto di quest’infelice adolescente che, sin dall’inizio del film, è descritta come una ragazza che non ha avuto accesso ai piaceri della vita (non ha mai visto il mare, è vergine e non ha avuto relazioni sentimentali con altri ragazzi).
Tabula rasa, materia da plasmare è facile preda del giovane Francois che la squalifica, continuamente.
Goretta tende continuamente a sottrarre, a eliminare, e confeziona una pellicola intimista, raccolta, narrata sottovoce che non indugia sulla sofferenza della protagonista (il rapido ed inarrestabile crollo occupa solo gli ultimi cinque minuti del film).
Film su chi non ha la forza, la tenacia ed i muscoli per opporsi alle crudeli verità della vita, su chi sceglie il silenzio e la malattia come unica modalità comunicativa.
Pellicola sulla colonizzazione affettiva da parte di chi, si sente intellettivamente superiore e crede di poter giudicare chi è meno colto di lui.
La fragile Pomme, triturata dagli spietati ingranaggi della vita, incapace di difendersi, di lottare, di digrignare i denti non può lasciare insensibile il cuore dello spettatore.
Da un romanzo di Pascal Lainé. David per la migliore attrice straniera ad Isabelle Huppert, allora ventunenne.
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