Chi ha mai amato lo studio della sintassi o della grammatica? Sarà forse per questo motivo che, a turno, aggettivi,verbi e sostantivi si prendono su di noi le loro piccole rivincite quotidiane. Di tanto in tanto c’è qualche termine che emerge dall’oblio e vive un’inaspettata stagione di gloria, fino a martellarci, giorno e notte con la sua assillante ed ossessiva presenza. Attualmente, a farla da padrone é un verbo composto da dodici lettere: intercettare. Il suo etimo deriva dal latino (“inter” e “cipere”, termine quest’ultimo sta per “capere”) e sta ad indicare “il prendere, il sorprendere una cosa per via, arrestarne il cammino e fare che non giunga dove era diretta”. Come è noto, grazie all’attività investigativa dei solerti e tenaci magistrati napoletani, Moggi, Giraudo, Bergamo, Pairetto, una decina di arbitri, presidenti ed alcuni dirigenti di club di Serie A sono stati inchiodati e smascherati grazie alle intercettazioni telefoniche. Nel leggere queste inquietanti e criminose combine c’è stato chi ha reagito negando l’evidenza dei dati di realtà, chi ha omesso ogni commento limitandosi ad allargare le braccia sconsolato, chi ha ironizzato sulla genetica propensione alle truffe dei nostri amati connazionali, chi, disgustato da quanto è accaduto, si è dimesso da tifoso della propria (corrotta ed indifendibile) squadra di calcio. Reazioni emotive a parte, chi ha buona memoria ricorda che intorno agli Anni Ottanta il mondo del calcio fu investito dal ciclone del “calcio scommesse”. Quello scandalo a ciel sereno vide come protagonisti degli insospettabili eroi in calzoncini (Paolo Rossi, Enrico Albertosi, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia…) ed anche se la stampa gli diede un grande eco ala vicenda, le combine degli imputati restarono in qualche modo sommerse ed insabbiate. Da un punto di vista comunicazionale la sostanziale novità rispetto allo scandalo precedente è stata proprio la capillare e diffusa pubblicazione da parte dei media delle “bollenti” telefonate intercorse tra i diversi padroni del calcio. Mai come in questo periodo le vendite dei giornali (sportivi e non) si sono improvvisamente impennate perché tutti (tifosi e non) volevano leggere e scoprire cosa si erano detti “veramente” i diversi interlocutori telefonici. La punta massima la si è raggiunta successivamente con le intercettazioni che vedevano coinvolti ex regnanti in disarmo, dirigenti della televisione pubblica, altissimi prelati e giovani e procaci stralette televisive. Ma cosa si nasconde dietro il successo di questa ultima orgia mediatica? Una delle ipotesi possibili rimanda al (mai in disuso) bisogno voyeuristico dell’uomo. Lo spiare dal buco della serratura, l’osservare di nascosto senza essere visti è una delle modalità perverse e regressive più diffuse e rimanda, secondo le teorie del vecchio maestro viennese, a quel bisogno infantile di comprendere cosa accade tra mamma e papà quando si agitano tra le lenzuola. In quell’assistere passivamente a qualcosa di proibito, in quella pruriginosa vergogna nell’osservare qualcosa che si percepisce come un atto proibito, il bambino ne può ricavare un sentimento di grande smarrimento e confusione, misto in alcuni casi, ad un’impercettibile ondata di piacere. In un epoca dove i reality offrono allo spettatore l’illusione di poter sentirsi protagonista perché testimone di un evento che si sta svolgendo, in tempo reale, “dal vivo” e sotto i suoi occhi, i giornali e le televisioni hanno compreso che pubblicare, a tutto campo, le intercettazioni telefoniche degli indagati significava rispondere al sempre più insaziabile bisogno voyeuristico del lettore –spettatore. Del resto si sa, il telefono è un mezzo che può creare uno spazio di intimità tra due interlocutori. Chi non ha mai sussurrato per telefono delle frasi dolci alla propria innamorata, chi non ha mai confidato ad un amico sincero un piccolo segreto che pesava sulla coscienza o confessato di aver voluto prendere a pugni, almeno una volta nella vita, il proprio capoufficio? Il sentirsi in uno spazio neutro, il potersi sottrarre allo sguardo indagatore e giudicante dell’altro che ci ascolta, favoriscono in chi parla una sorta di cedimento e di abbandono delle proprie difese.. Mi si potrebbe obiettare che le conversazioni intercettate erano di tutt’altro tono e più che orientate a scambiarsi delle intime confidenze erano asservite a degli scopi criminali ben precisi. Ma allora cosa cos’è che ha scatenato la diffusione delle intercettazioni telefoniche?
Esigenze voyeuristiche a parte, il successo di tale operazione è da collegare al bisogno del lettore/spettatore di poter spiare dal buco della serratura e sapere cosa si scambiano i potenti, nella loro vita privata, lontano dai filtri dei riflettori e delle telecamere. Il quadro che se ne ricava è purtroppo quello di una desolante miseria umana. Nell’augurarci che questa altra triste pagina non sia insabbiata come tanti altri italici scandali, non ci resta che attendere l’esito delle indagini. Ma una domanda sorge spontanea; se il povero Antonio Meucci avesse saputo che cattivo uso certi personaggi hanno fatto della sua invenzione, l’avrebbe portata egualmente a compimento?
da “La Voce della Campania” – Numero 07- Giugno 2006
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