E se vietassimo per sempre i remake? Questa domanda sorge spontanea soprattutto dopo la visione del film di Leonardo Guerra Seràgnoli. Non solo perché Edoardo Pesce, nei panni di Leo Merumeci non è Rod Steiger, perché Vincenzo Crea, che interpreta Michele non è Tomas Milian, e (soprattutto) perché Beatrice Grannò, nel ruolo di Carla, non è la magnetica affascinante Claudia Cardinale, Ma il difetto maggiore del film non è nell’errata scelta di casting o nell’inutile tentativo di rendere attuale la vicenda, (Carla è una streamer di videogiochi), ma perché il regista romano non ha immerso la vicenda in quel clima decadente e malsano che attraversava l’omonimo romanzo di Alberto Moravia (1929), reso magnificamente nell’ineguagliabile trasposizione cinematografica di Citto Maselli (1964). “L’indifferenza”, quel sentimento motore del romanzo e che pervade l’intera vicenda, in questo film non fa neanche timidamente capolino. L’unica a salvarsi dal naufragio generale è Valeria Bruni Tedeschi, che si cala perfettamente nel ruolo della nevrotica e svampita Mariagrazia Ardengo, madre di Carla e Michele. Particina per Giovanna Mezzogiorno nei panni di Lisa, amica di Mariagrazia e amante di Michele.
Recensione pubblicata su Segnocinema N. 231 – settembre- ottobre 2021
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