Vittorio (J-osè Quaglio), un uomo anziano, distinto e di poche parole, è da un anno il carceriere di Francesca (Chiara Muti), una giovane ragazza segregata in uno scantinato di un casolare sperduto in piena campagna. Vittorio è gentile, pacato e premuroso; le prepara da mangiare, le riempie la tinozza per il bagno, le dà delle medicine. In quello stanzone spoglio, arredato solo con una brandina e con un tavolo e due sedie, le giornate trascorrono eguali, senza sussulti. A rompere l’assordante silenzio, le urla ed i gemiti di Francesca e una radio che, in sottofondo, racconta delle indagini in corso, relative ad un recente sequestro di persona. Francesca prova timidamente a ribellarsi, ma finisce ad accettare, docile ed obbediente, quella disumana condizione. Vittorio fa un salto in paese e due guardie forestali scorgono per caso la presenza della ragazza nel casolare. Messa in salvo, Francesca è ricoverata in ospedale e Vittorio, arrestato. Al magistrato racconta l’amara e drammatica verità; Francesca è sua figlia ed è una ragazza, con dei gravi problemi psichici, con alle spalle diversi ricoveri in ambiente psichiatrico. Sbandata, instabile ed irregolare, vittima di mascalzoni senza scrupoli che si erano approfittati di lei, Francesca aveva dovuto abortire tre volte. L’uomo, disperato, aveva avuto l’idea di sequestrarla per accontentare una bizzarra e malsana fantasia di Francesca che, ascoltando le notizie radio, si era convinta che il padre un giorno avrebbe pagato il suo riscatto.
Il regista ambienta quasi tutta la vicenda nell’asettico ed impersonale stanzone dove è reclusa Francesca e dirige una sorta di thriller asciutto e senza sbavature dove, sin dalle prime battute, lo spettatore è spinto a schierarsi dalla parte della tenera e sfortunata protagonista. Eronico non eccede nella caratterizzazione di Francesca e le sue reazioni emotive sembrano aderire perfettamente ad una reclusa, vittima impotente di un silenzioso e discreto carceriere. Parimenti Vittorio è descritto come un “guardiano” attento e meticoloso in grado di contenere le crisi di nervi di Francesca e di prendersi cura di lei. Lo svelamento della vicenda è inaspettato e ben costruito ed il regista, piuttosto che confezionare un happy end che gratificherebbe il pubblico, sceglie (coerentemente) di ammantare, il finale, di un velo di infinita tristezza, Per alleggerire il clima claustrofobico della vicenda Eronico lascia che Vittorio incontri dei personaggi buffi ed un po’ strani; un ottantenne ormai indementito che millanta di aver avuto delle avventure galanti con tutte le donne che entrano nel bar e un tizio che al cimitero è costretto a scavare la fossa per il padre deceduto.
Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni.
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