Sandra Luttazzi (Claudia Cardinale) ritorna a Volterra, città natale, dopo quattro anni di assenza, in compagnia di Andrew Dawson (Michael Craig), il marito, in occasione dell’inaugurazione di un parco pubblico dedicato al padre, uno studioso ebreo morto in un lager nazista.
Il fratello Gianni (Jean Sorel), scrittore fallito, fragile e insicuro, vive sperperando gli averi di famiglia, e la madre (Marie Bell), affetta da un esaurimento nervoso, è ricoverata da anni in una clinica. Gianni si offre di mostrare ad Andrew i luoghi dove Sandra ha vissuto nell’infanzia, gli presenta il suo ex fidanzato e gli accenna ai dissidi che da tempo hanno con Gilardini (Renzo Ricci), secondo marito della madre, un individuo abietto, responsabile della deportazione del padre.
Sandra rincara la dose e confida ad Andrew che l’uomo, non appena si era insediato in casa, aveva spedito lei in un semiconvitto dalle suore e Gianni in collegio, ma il fratello, per opporsi a quella decisione aveva finto il suicidio, costringendo la madre a fare dietrofront ed a mandarli a scuola in città.
Andrew incontra Gilardini che, sdegnato, non solo rigetta le accuse, ma sbotta, confessandogli che Sandra e Gianni lo calunniano per nascondere la loro relazione incestuosa. Andrew, sconvolto, abbandona la città.
Gianni prova a far leggere a Sandra il romanzo autobiografico intitolato Vaghe stelle dell’Orsa, dove ha raccontato, senza né veli, né ipocrisie, il legame morboso che li lega, sin da quando erano adolescenti.
Sandra è turbata e Gianni, dopo aver distrutto lo scritto, minaccia di ammazzarsi, se non resta al suo fianco. Per tentare di recuperare il rapporto con il marito, Sandra decide di partire dopo l’inaugurazione del parco ma, mentre è in corso la celebrazione Gianni, disperato, si suicida.
Dramma sullo sfacelo della famiglia borghese ispirato all’Elettra di Sofocle (Sandra come Elettra, la madre come Clitennestra, Gilardini come Egisto) ed a Forse che si, forse che no di Gabriele D’Annunzio.
Visconti non vuole narrare una storia torbida e incestuosa e il morboso legame che unisce i due fratelli, tenuto sottotraccia, esplode solo nel finale. In tutto il film si respira un’atmosfera di decadenza e di morte che avvolge come una cappa l’intera vicenda.
I personaggi si muovono come fantasmi sulla scena e la tragica morte di Gianni sembra essere l’inevitabile sigillo a una vita tormentata e afflitta, spesa nella vana illusione di reiterare nel tempo quel legame fusionale con la sorella.
Il titolo è un chiaro riferimento all’ode leopardiana. Ai brani italiani classici dell’epoca (E se domani , Una rotonda sul mare, Io che non vivo) fanno da controaltare alle musiche di Cesar Franck. Leone d’oro alla XXVI Mostra di Venezia.
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