Uno spietato serial killer (Larry Drake), denominato “il trucidatore”, sta seminando morte nella città. Braccato dalla polizia è ricoverato al Crestmore Asylum, un manicomio giudiziario di massima sicurezza. La psichiatra Margarteh Belham (Pauline Porizkova) è chiamata per valutare le sue condizioni psicopatologiche. Nel corso del colloquio il killer non spiaccica una parola e la dottoressa si convince che il suo mutismo e ritiro emotivo siano legati agli effetti sedativi degli psicofarmaci assunti. Ma l’uomo, un energumeno dotato di una forza sovraumana, sta solo meditando la fuga e dopo aver ammazzato il dottor Fallon (Jurgen Prochnow), il direttore della struttura ed, eliminato poliziotti e secondini, è sulle tracce della dottoressa, che riesce a rifugiarsi in un’ala del manicomio. Lì s’imbatte in Quitz (Judd Nelson), un paziente che l’aiuta a trovare qualche varco, ma il “trucidatore” dopo aver ucciso Quitz, è sul punto di ammazzare anche la dottoressa che, sul finale avrà la meglio su di lui.
Thriller da dimenticare, privo di pathos e di mordente. “Il trucidatore”, una montagna di grasso senza cervello, pronuncia a stento qualche monosillabo, si muove come un pachiderma ed uccide, senza pensarci due volte, chiunque gli capiti a tiro. Tranne lo striminzito colloquio iniziale non è dato conoscere le qualità professionali della dottoressa. A dispetto del titolo originale, più che il classico luogo di cura insano, lugubre e spettrale, il manicomio è descritto come la classica struttura di un’istituzione penitenziaria; gelida, senza anima, con degli enormi corridoi e degli asettici stanzoni.
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