Dopo la morte del marito Douglas (Fred Gwinne), Caterina Silveri (Jill Clayburgh), celebre soprano americana, si trasferisce da New York a Roma in compagnia di Joe (Matthew Barry), il figlio quindicenne. Lei è assorbita dagli impegni professionali e Joe, gironzola per la capitale dove incontra Mariana (Elisabetta Campeti), una ragazza vispa e spigliata con la quale fa l’amore. Sempre più tormentato ed insoddisfatto, Joe annega la propria disperazione tuffandosi nella droga. Caterina prova a stragli vicino e cerca di comprendere le ragioni della sua scelta distruttiva. Dopo avergli fornito i soldi per comprare l’eroina, nel disperato tentativo di salvarlo, fa l’amore con lui. Sul finale, lo mette sulle tracce del vero padre, Giuseppe (Tomas Milian), un maestro elementare, anticonformista e spigliato a cui Joe si presenta sotto le mentite spoglie di un amico di suo figlio, morto per overdose. Giuseppe è profondamente turbato ed, istintivamente, lo segue mentre si reca alla Terme di Caracalla dove Caterina sta provando Un ballo in maschera. Giuseppe si avvicina a Caterina, scambia con lei qualche parola, intuisce che Joe è suo figlio e, un attimo dopo, gli molla un sonoro ceffone; Joe sembra scosso e turbato ma, un attimo dopo, alza la testa e, felice e radioso, ricambia il sorriso del padre.
Film abbastanza deludente, diretto in maniera sciatta e svogliata dal regista parmense. L’intreccio narrativo è quasi inesistente ed i personaggi che compaiono sulla scena appaiono troppo incerti e sfuocati. Joe è il classico adolescente sbandato, alla ricerca di se stesso; Caterina una madre distante emotivamente che, per sedare i propri sensi di colpa per la scelta tossicomanica del figlio va a letto con lui nella (folle) speranza di aiutarlo ad uscire dal tunnel della droga. Senza scivolare nel torbido Bertolucci mostra la scena dell’incesto con tocco felpato ma la inonda di un eccessivo e stucchevole sentimentalismo. Bertolucci non vuole impaginare un film sulla tossicodipendenza nell’età giovanile ma mostra il giovane protagonista che suda, trema e farnetica ma si tiene alla larga da una descrizione realistica delle sue crisi d’astinenza e del suo malessere fisico. Il film è tutto nella scena finale; lo schiaffo di Giuseppe non è letto da Joe come un gesto dal sapore sadico e punitivo ma come una certezza che da quel momento in poi potrà contare su una figura paterna, affettiva e normativa che si prenderà cura di lui e sarà in grado di guidarlo e di trasmettergli amore e sicurezza. La pellicola è ricca di rimandi simbolici, inondata da arie tratte da Il Rigoletto, La Traviata, Il Trovatore ed Il ballo in maschera di Giuseppe Verdi a cui fanno da contrappunto brani leggeri come Saint Tropez twist cantata da Peppino di Capri e Night fever dai Bee Gees. Piccole apparizioni di Franco Citti e Renato Salvatori e dei giovanissimi Roberto Benigni, Carlo Verdone e Gabriele Lavia. Piccolo omaggio a Marilyn Monroe che compare in una scena di Niagara. Il film fu sequestrato per la scena dell’incesto ma poi riprese a circolare regolarmente nelle sale. Dedicato a Franco (Kim) Arcalli, collaboratore e montatore del regista, morto nel 1978. Nastro d’argento a Tomas Milian (1980) miglior attore non protagonista. Nomination Golden Globe a Jill Clayburgh (1980).
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