Nel tempo Sophie (Emannuelel Béart) Céline (Karin Viard) ed Anne (Marie Gilain) hanno diradato sempre più i loro rapporti. Da piccole furono segnate dall’arresto del padre, accusato di aver molestato sessualmente un giovane studente. Uscito di prigione, l’uomo era tornato a casa per rivedere le bambine, ma la moglie (Carole Bouquet), ferma e decisa, gli aveva opposto un netto rifiuto. Nel corso del litigio, la donna era caduta a terra priva di sensi e il marito, credendola morta, si era lanciato nel vuoto sotto gli occhi delle figlie. A seguito della caduta, la donna era rimasta paralizzata e, accudita da Céline, era ricoverata in una casa di cura, inchiodata su una sedia a rotelle. Sébastien (Guillame Canet), un giovane sensibile e discreto, sembra illuminare di colpo la grigia esistenza di Celine ma le gironzola intorno solo per confessarle che era il ragazzino che aveva ingiustamente fatto condannare suo padre e che, roso dai sensi di colpa, si era poi pentito. Sophie si strugge, inutilmente, per il marito Pietre (Jacques Gamblin), un fotografo che la tradisce, senza farsi troppi scrupoli, con delle modelle; Anne, infine, non si rassegna all’idea che il suo amato Frédéric (Jaques Perrin), un professore universitario, sposato e molto più grande di lei, dopo averle giurato amore eterno, l’abbia mollata su due piedi.
Tanovic indugia con la macchina da presa sul volto delle tre sorelle e calibra, con perfezione millimetrica, colore, dialoghi ed ambientazione. In questo melò, attraversato da penetranti silenzi e da dialoghi carichi di poesia, i personaggi che compaiono sulla scena traboccano di malcelata disperazione e sono alla disperata ricerca d’amore. Le tre protagoniste femminili soffrono, si tormentano, si macerano dentro e, al loro confronto, le figure maschili sono pallide ed incolori. “Non mangio e non dormo più, non lavoro, non riesco neanche a leggere. Non posso più vivere. Esisto solo quando lui mi tocca, quando mi ama,. poi smetto di esistere, mi disintegro, non sono più.” è quello che Anne proclama al mondo intero. Il regista intreccia mirabilmente le tre storie e cita questa una struggente poesia d’amore (tratta da “La forteresse” di Mesa Selmovic) che Sébastien dedica a Céline: “Nell’esistenza, nella pazienza il mio cuore veglia, il mio cuore inaridisce. L’ombra segue quello che io ero. Nell’esistenza e nella pazienza mi sono perso, cercando. Un tempo ero e sono ancora. Non ero e non sono più. Mi sono perso cercando, vagando nei sogni. La notte mi uccide e il giorno mi restituisce la vita. Il giorno si perde, la vita s’abbrevia nei sogni, nell’incertezza, nella speranza, nell’attesa. Sogno la vita e vivo sognando, nascondo il mio cuore, accuso il mio cuore di non vivere più e di sognare ancora nell’attesa e nella speranza.” Dalla trilogia Il Paradiso, l’Inferno, il Purgatorio scritta dal regista Krzysztof Kieslowski e da Krzysztof Piesiewicz. e da cui Tom Tikwer aveva già tratto nel 2002 Heaven.
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