Daphne Wilder (Diane Keaton) è l’assillante, invadente ed oppressiva madre di Maggie (Lauren Graham), Mae (Piper Perabo) e Milly (Mandy Moore), tre ragazze carine e dal faccino pulito. Convinta che Milly, l’ultimogenita, non reggerebbe un’altra delusione sentimentale, Daphne mette un annuncio su un giornale on line per cuori solitari e inizia a selezionare i possibili pretendenti per la figlia. Individua in Jason (Tom Everett Scott), un giovane architetto, l’uomo perfetto ma Johhny (Gabriel Mach,t) un simpatico chitarrista e padre di un moccioso guastafeste che aveva risposto anche lui all’annuncio, non demorde ed inizia a gironzolare intorno a Milly. Incapace di scegliere tra i due, Milly insicura ed indecisa, flirta con Jason e con John e, sul finale, riuscirà a prendere la fatidica decisione.
Pellicola che mette in scena l’ennesima madre odiosa, asfissiante e ingombrante, tutta strepiti e mossettine, che si attiva per trovare il principe azzurro per la figlia ed ha come motto: “Dio non può essere dovunque e perciò ha creato le madri”. Il film è noioso, statico, terribilmente verboso e irritante per la sua stupidità . L’unica scena veramente divertente è quando Milly, in crisi, va di corsa allo studio della sorella Maggie, giovane psicologa alle prese con Stuart, un paziente gravemente nevrotico, incapace di tollerare gli abbandoni. Maggie la riceve immediatamente e a Stuart che aspettava pazientemente nella sala d’attesa comunica che la seduta è rimandata al giorno successivo. Milly è un fiume in piena e prova a raccontarle i propri dubbi ma Stuart, che non ha digerito il comportamento della dottoressa, entra nella stanza della terapia, l’interrompe e le comunica che si sente rifiutato. Maggie prende tempo, gli suggerisce di andare a mangiare qualcosa e gli promette che lo riceverà più tardi ma Stuart non demorde e le comunica che si sente escluso e che sta esplodendo in lui il bisogno irrefrenabile di suicidarsi. Ed allora Milly, esasperata, dal suo comportamento, apre la finestra dello studio e dopo avergli ribadito che sono dieci anni che la sorella le racconta che lui vuole ammazzarsi, l’invita a lanciarsi di sotto. Maggie, paralizzata, non spiaccica una parola ma Struart, rinato, sorride a Milly e le risponde che si sente confortato all’idea che la sua dottoressa, in tutti quegli anni, ha parlato di lui. Da segnalare, infine, Iris, una psicologa simpatica e cicciona che, letta l’inserzione di Daphne, vuole offrirle i suoi servigi e l’invita a seguire un suo seminario sul distacco. La cosa migliore del film? Una citazione all’indimenticabile Marocco di Jospeh Von Sternberg (1930).
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