Leon, detto Bix (Bryant Weeks), figlio di un padre rigido ed inflessibile e di una madre severa ed autoritaria, è un talentuoso jazzista. Ma i suoi genitori, dei ricchi borghesi, invece di incoraggiarlo, frustrano le sue ambizioni e gli impongono di lavorare come ragioniere nella loro azienda familiare.
Attratto irresistibilmente dalla musica, Bix è costretto a mentire loro e si esercita segretamente a suonare con una piccola band. Insieme agli inseparabili amici Joe Venuti (Emile Levisetti), Don Murray (Matthew Buzzell) e Hoagy Carmichael (Romano Orzari), si esibisce con la cornetta, dapprima nell’orchestra di Jean Goldkette, e successivamente, in quella più prestigiosa di Frank Trumbauer.
Bix inizia a guadagnare profumatamente, alloggia in hotel di lusso e frequenta la gente che conta. Di tanto in tanto ritorna a casa e deve affrontare i rimbrotti dei genitori che, nonostante il successo ottenuto, non gli perdonano di non essersi piegato ai loro desideri.
Bix inizia a bere sempre più e, dopo un periodo di disintossicazione, si accorge di non essere ormai più in grado di suonare. Alla sua morte, ancora giovanissimo, su richiesta della madre, il fratello Barnie (Mark Collver), va alla ricerca di Joe Venuti per chiedergli di poter conoscere Lisa (Sally Groth), la ragazza che Bix, (per tacitare le pressioni dei genitori), voleva presentare come promessa sposa….
Avati, grande appassionato di jazz, rende omaggio a Bix, un bianco che, pur essendo morto giovanissimo, a soli vent’otto anni, è diventato una leggenda del jazz. Il regista emiliano sceglie di ambientare la vicenda nel ’31, due mesi dopo la morte del musicista, e con dei continui flashback ci riporta alla sua adolescenza, ai suoi primi passi nel mondo del jazz ed alle sue ormai memorabili esibizioni.
Avati, seppur mosso dalle migliori intenzioni, (ha girato in America, nei luoghi dove ha vissuto Bix ed ha ricostruito fedelmente ambientazione e costumi, fino a comprare la casa dove visse il musicista), non riesce a dare brio alla vicenda, che ristagna in più punti ed eccede in scene leziose e dal taglio convenzionale.
Rispetto a Chimere di Michael Curtiz del 1950, film che anch’esso ruota sulla vita di Bix, Avati propone una diversa rilettura della vita dell’artista ed affida il ruolo del protagonista allo statico e legnoso Bryant Weeks.
Come spesso accade in ogni biopic le parti migliori del film sono legate alle esibizioni musicali. Nastro d’argento alla fotografia di Pasquale Rachini. David di Donatello e premio Ciak alle scenografia di Carlo Simi.
Per un approfondimento sul tema si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Cantanti, musicisti e rock band”, edito da Arcana.
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