Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli – Italia – 1973

16 Dicembre 2023 | Di Ignazio Senatore

Giuseppe Tritoni (Ugo Tognazzi), onorevole livornese del gruppo parlamentare “La Grande Destra”, ex ufficiale dei bersaglieri, è il mandante di un attentato alla Madonnina del Duomo di Milano, compiuto da Rambaldo Spirò, un camerata che ha riportato per lo scoppio l’amputazione della mano destra.

Lo scopo di Tritono è di far credere che i gruppi dell’estrema sinistra siano stati i responsabili dell’attentato, creare il caos nel Paese e puntare a un governo guidato da militari. La linea del partito diverge dalla strategia di Tritoni e allora lui inizia a consultare i pezzi grossi dell’esercito, già implicati in un precedente golpe, fallito.

Il primo della lista è il generale Bassi Lega (Pietro Tordi), ma Tritoni finisce per andare a letto con sua moglie Marcella (Carla Tatò) e il militare, quando li scopre, muore sul colpo. Poi è la volta del colonnello Gavino Furas (Giancarlo Fusco), di Elpidio Aguzzo (Camillo Milli), di Quintiliano Turzilli (Max Turilli), Pino Barbacane (Giuseppe Maffioli).

Completato l’arruolamento dei capi militari, Tritoni affida a Franz Cavicchia (Giuseppe Castellano), il comando delle esercitazioni dei giovani camerati, ma il meno motivato è proprio suo figlio Costantino, allergico alla ferrea disciplina militare e amante, invece, della lettura e della musica.

Dopo aver consultato anche il monsignor Sartorello (Duilio Del Prete), Tritoni contatta il ricco industriale Antonino Irnerio Steiner (Luigi Lenner) e, dopo avergli ricordato una delle sue truffe a danno dello Stato, ottiene la cifra richiesta per finanziare il golpe, denominato “Volpe nera”.

Ma Armando Caffè (Pino Zac) fotografa i camerati che stanno suggellando il comunicato che annuncerà il golpe e prova a farsi ricevere dall’onorevole Li Cori (Francois Perier), membro della Commissione Difesa della Camera, che non crede alla sua versione. Caffè è però picchiato dai camerati e allora l’onorevole, fiutato il pericolo, allerta il partito e Li Masi (Lino Puglisi), Ministro degli Interni. Intanto alcuni militari provano a mettere in atto il piano per prendere possesso dell’aeroporto di Fiumicino, della Rai e degli altri punti nevralgici del Paese.

La loro offensiva è neutralizzata e Tritoni è condotto nell’appartamento del Presidente della Repubblica (Claude Dauphin) a Castel Gandolfo.

Lo Masi, approfittando del caos di quelle ore, propone le dimissioni del Capo dello Stato, lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni. Il Capo dello Stato muore d’infarto, dopo che Tritoni aveva minacciato di fare esplodere una granata. Un anno dopo Tritoni cerca di vendere a dei politici africani il suo piano golpista.

Mezzo passo falso di Monicelli che, con il suo solito sarcasmo, ironizza su quei parlamentari e militari che avevano provato con dei tentati golpe (De Lorenzo e quello successivo di Junio Valerio Borghese) a sovvertire la democrazia in Italia, creare la “strategia della tensione” e proporre un regime guidato dai colonnelli.

Il regista toscano lascia che una voce fuori campo descriva con un commento enfatico, nello stile dei cinegiornali fascisti, il susseguirsi degli eventi. Militari, onorevoli e i personaggi che compaiono nella vicenda sono caricati e descritti come dei personaggi ottusi, volgari e inguaribilmente nostalgici del Ventennio.

Tognazzi si batte come un leone per rendere credibile un onorevole dir poco impresentabile.

Per un approfondimento sulla filmografia di Ugo Tognazzi, si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Ugo Tognazzi”, edito da Gremese (2021), corredato da 800 foto, dall’antologia della critica e dai commenti di attori e attrici, e registi che hanno lavorato con lui.

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