Il ventitreenne Benjamin (Vincent Lacoste), giovane tirocinante in medicina, deve frequentare per sei mesi, come interno, l’ospedale in cui lavora il padre, il professor Barois (Jacques Gamblin).
S’imbatte in pazienti affetti da varie patologie, acute e croniche, scopre le difficoltà nel richiedere gli esami strumentali, i limiti legati alla professione medica e quanto sia difficile nella pratica effettuare una corretta diagnosi.
Ad affiancarlo in corsia Abdel Rezzak (Reda Kateb), un giovane ed empatico medico di origine algerina. Il signor Lemoine (Thierry Levaret) ha dei forti dolori addominali, Benjamin gli prescrive un antidolorifico e un elettrocardiogramma ma l’elettrocardiografo è guasto e l’indagine è rimandata all’indomani.
Ma al mattino il paziente muore e in ospedale il padre e altri colleghi coprono il suo errore. La signora Lemoine inizia a fare delle domande e a farne le spese sarà Abdel Rezzak. Ma…
Lilti mette il dito sulle storture del sistema sanitario francese e mostra il classico racconto di formazione di un giovane dottore che imparerà, ben presto, a comprendere i rischi legati ad una professione che deve fare i conti quotidianamente con la politica sanitaria che taglia il budget e mira più al contenimento delle spese che al benessere dei pazienti.
Il regista non sceglie i toni aspri e militanti classici dei film di denuncia, né regala un taglio realistico alla vicenda, ma compone un film dai toni garbati che sfiora il tema dell’eutanasia e sottolinea come i figli di papà, nella buona o nella cattiva sorte, riescono sempre a cavarsela a danno di chi è meno fortunato di loro.
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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