La quarantenne Maria (Margherita Buy), insegnante in una scuola media serale, allaccia una fugace relazione con Pietro (Guido Caprino) di cui rimane incinta. Lui non se la sente di assumersi altre responsabilità ma lei decide di portare egualmente avanti la gravidanza. Ma la bambina nasce prematura, al sesto mese di gestazione ed è monitorata, giorno e notte, in un’incubatrice. Maria si ritrova all’improvviso a vivere in uno “spazio bianco”, sospeso, dove non sa se la piccola Irene vivrà o morirà.
Nel trasporre sullo schermo l’omonimo romanzo di Valeria Parrella, Comencini confeziona una pellicola opaca e senza slanci che soffre della stessa incertezza che paralizza la protagonista e che risulta essere sterile ed asettica come il reparto di neonatologia dove è ricoverata Irene. Invece di dare profondità ai pensieri di Maria e dar voce a quello spazio mentale che dovrebbe essere gravido di palpiti e di emozioni, la regista si limita a filmare lo sguardo nel vuoto della protagonista ed a mostrarla mentre vaga dispersa ed alla ricerca di se stessa, in una Napoli ripresa con pudore e disincanto. Non convincono, inoltre, i personaggi di contorno, le scene ambientate tra i banchi di scuola, gli sciatti ed incolori dialoghi e l’anonima love-story di Maria, con un sanitario del reparto. Colonna sonora da dimenticare. Avvolgente la fotografia di Luca Bigazzi.
Recensione pubblicata su Segno Cinema – N. 165 Settembre – Ottobre 2010
Per un approfondimento sul tema si rimanda la volume di Ignazio Senatore “Fermi tutti sono incinta Cinema e gravidanza” – Falsopiano Edizioni – 2016
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