Anno 1968. Dagenham, Inghilterra. La Ford dà lavoro a 55mila operai e a 187 donne. Quest’ultime, addette alla cucitura dei sedili delle auto, sono costrette a lavorare, in maniera umiliante, a stretto gomito, in un locale umido che cade a pezzi.
Il contratto collettivo di lavoro le definisce, erroneamente, operaie non specializzate e, come se non bastasse, non solo sono sottopagate, ma prendono un salario più basso degli uomini.
I sindacati fanno il gioco dei padroni e tra loro, l’unico che sposa la causa delle operaie è Albert Passingham (Bob Hoskins).
A capo dell’agitazione, la battagliera Rita O’Grady (Sally Hawkins), sposata e madre di un paio di marmocchi. affiancata da Connie (Geraldine James), Brenda (Andrea Riseborough) e Sandra (Jaime Winstone).
La Ford non dà peso alle loro rivendicazioni e, allora, le operaie, per ottenere la parità salariale, iniziano a scioperare a oltranza. La lotta è sempre più dura e le loro battaglie attirano in un lampo l’attenzione dei media.
Terminate le scorte dei sedili delle auto, la Ford è costretta a chiudere la fabbrica. Gli operai rumoreggiano e spingono le donne a ritornare al lavoro e anche i sindacati mordono il freno e cercano di convincerle a abbandonare la lotta.
Le operaie, sempre più unite e agguerrite, però, tengono duro e sono convocate dal ministro Barbara Castle (Miranda Richardson) che, spiazzando tutti, appoggia la loro lotta.
Come primo passo le scioperanti ottengono che il loro stipendio raggiunga il 90% di quello dei maschi e una normativa che, in tempi brevi, stabilisca la parità retributiva.
Con questa commedia ispirata a dei fatti realmente accaduti, Cole (L’erba di Grace, Calendar girls…) sposa i toni della commedia e racconta in maniera fin troppo scanzonata e leggera una lotta costata alle operaie al tempo, stenti, sudore e lacrime.
Il regista contrappone scolasticamente, i sindacati che tentano in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote alle scioperanti, e le indomite e determinate operaie, descritte come delle combattenti allegre e sorridenti che vincono le loro battaglia forse proprio perché a digiuno dei giochi della politica e delle paludate strategie sindacali.
Lontano anni luce dai film dal tocco realista alla Ken Loach e Mike Leigh, Cole descrive i padroni della Ford come degli individui insensibili e cinici, che non solo non hanno il minimo rispetto per i valori umani ma che, per salvaguardare i loro profitti, non si fanno scrupolo di minacciare spudoratamente le operaie, i sindacati e addirittura il primo ministro inglese.
La narrazione è gradevole, anche grazie all’ingresso in campo di alcuni personaggi femminili come Rosamund Pike, nei panni di Lisa Hopkins, la ricca moglie di uno dei capi della Ford, sensibile alle lotte delle operaie.
Le battute però non mancano e il regista affida a Rita le risposte più caustiche e taglienti.
A un giornalista che le chiede: “Se il ministro dice: Niente da fare, come ve la caverete?”, lei di rimando: “Cavarcela? Siamo donne, non potete farci queste stupide domande.”
Furbescamente nella versione italiana il termine “equality”, (che faceva parte dello slogan di uno striscione srotolato a metà con le quali le operaie si battevano per la parità salariale: We want sex equality) è stato abolito.
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