Madeleine Verdier (Nadia Tereszkiewicz), aspirante attrice squattrinata, nella speranza di ottenere un ruolo, si reca nell’abitazione del produttore Montferrand. L’uomo le salta addosso e lei, fugge spaventata.
Madeleine divide l’appartamento con Pauline (Rebecca Marder), giovane avvocatessa a caccia dei primi clienti e, mentre discorre con lei su come risolvere gli annosi problemi economici, André Bonnard, il suo fidanzato, le comunica che, per risollevare l’azienda di pneumatici del padre, sommersa dai debiti, è costretto a sposare una ragazza brutta, ma ricchissima.
Un attimo dopo bussa alla porta l’ispettore Brun (Regis Laspales) e comunica a Madeleine che Montferrand è stato ucciso con una pallottola alla testa. Il giudice istruttore è Gustave Rabusset (Fabrice Luchini) crede che Madeleine, difesa da Pauline, sia colpevole.
L’avvocatessa smonta le fantasiose teorie del giudice e lascia intendere che Madeleine, al più, avrebbe ucciso la vittima per legittima difesa. Quando Rabusset dichiara che, in questo caso, la sua cliente sarebbe considerata innocente, Madeleine coglie la palla al balzo.
Intuito che avrebbe potuto sfruttare il processo per farsi pubblicità e apparire come un’eroina che si era battuta per difendere il proprio onore, confessa di essere l’autrice del delitto.
In aula, Madeleine è oggetto delle battute volgari e maschiliste degli avvocati dell’accusa, ma, grazie alla difesa di Medeleine, è assolta.
Divenuta famosa, Andrè, che non ha ancora impalmato la donna che avrebbe dovuto sposare, ritorna alla carica e dichiara a Madeleine di volerla condurre all’altare. Madeleine, intanto, riceve diverse proposte dai produttori e recita al cinema e a teatro, riscuotendo applausi e successo.
Ma dal nulla sbuca Odette Chaumette (Isabelle Huppert), la vera autrice del delitto, ex diva del cinema muto, che ricatta Madeleine e le chiede, in cambio del silenzio, una considerevole cifra di denaro. Una serie di colpi di scena e l’happy end chiude la vicenda.
In questa deliziosa commedia, liberamente ispirata all’opera teatrale di Georges Berr e Louis Verneuil, Mon Crime (1934), già trasposta al cinema ne La moglie bugiarda (1937) e Bionda tra le sbarre (1946), Francois Ozon (Sotto la sabbia, Gocce d’acqua su pietre roventi, 8 donne e un mistero, Swimming pool, Nella casa, Giovane e bella…) compone un gustoso manifesto femminista, che stizza l’occhio alle commedie sofisticate care a Ernst Lubitsch e Howard Hawks.
Non a caso, la tenace e talentuosa avvocatessa ricorda a un giovane giornalista come a metà degli anni ’30, le donne non possono ancora votare e sono pagate meno degli uomini.
Ma a ben vedere, Ozon non risparmia un delizioso attacco contro il sistema giudiziario francese, fasullo e poco credibile. Quando Odette si reca da Rabusset, per autoaccusarsi del delitto, Rabusset, imbarazzato e infastidito dalla sua rivelazione, le comunica che è stato promosso per aver risolto in soli due giorni il caso Montferrand e che, pertanto, non ha nessuna voglia di riaprirlo.
Non pago, le comunica che se ci tiene tanto ad autoaccusarsi di un delitto, può sceglierne uno dei tanti delitti irrisolti.
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