Big eyes di Tim Burton – USA – 2014 – Durata 104’

1 Marzo 2025 | Di Ignazio Senatore

Anno 1958. Dopo il divorzio dal marito Margaret Keane (Amy Adams), pittrice dilettante, dipinge per guadagnarsi da vivere.

Il suo stile personale la spinge a ritrarre dei volti di bambini e a mettere in risalto (come recita il titolo del film) i loro grandi occhi. Incontra il modesto pittore Walter Keane (Christoph Waltz), tra loro scatta del tenero e si sposano.

Lui prova, invano, a vendere i propri quadri, e una sera, frustrato per l’insuccesso, litiga con Banducci, una celebrità che gestisce un locale che ospita i suoi quadri e quelli di Margareth.

La foto finisce sui giornali e l’indomani il locale è affollato di curiosi che s’innamorano dei teneri quadri di Margaret. Walter, ha un gran fiuto per gli affari e, quando intuisce che, dalla vendita dei dipinti della moglie, è possibile ricavare un bel gruzzoletto, sfruttando le sue doti di affabulatore, afferma di essere l’autore dei dipinti.

Margaret, timida e insicura, non si oppone e non batte ciglio. Esperto di marketing, Walter dona alcuni quadri alle ambasciate, alle attrici e alle personalità in vista, diventa amico del giornalista Dick Nolan (Danny Huston) e di Ruben (Jason Schwartzman), un gallerista in auge.

Non pago, grazie al fiuto per gli affari, sfruttando la sua travolgente dialettica, riesce ad abbindolare i compratori, fino a vendere le foto e le cartoline che ritraggono i quadri dipinti da Margaret.

Quando John Canaday (Terence Stamp) lo stronca sulle colonne del Times, Walter, perde le staffe e, in un party elegante e raffinato, lo affronta a muso duro. Margaret, anche su pressione della figlioletta, decide allora di smascherarlo e, in una trasmissione radiofonica, svela di essere lei l’autrice dei quadri…

Il visionario Tim Burton (Edward mani di forbice, Batman, Ed Wood, La sposa cadavere…) abbandona i toni cupi e gotici delle sue storie e si affida a delle immagini colorate per narrare una favola nera, dai connotati orrifici, che ruota intorno al famoso plagio avvenuto in America, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

Al di là dell’attacco alla commercializzazione e mercificazione dell’arte, al regista statunitense interessa raccontare una vicenda di cronaca realmente accaduta e utilizza la voce fuori campo del giornalista Dick Nolan, che riassume in flashback l’intera vicenda.

Sin dalle prime battute s’intuisce che Margaret, anima sensibile ed introversa, costretta a dipingere nell’ombra un quadro dopo l’altro, è travolta dall’irruenza e dalla personalità di Walter, un narcisista avido, dall’anima truffaldina che, per tutto il film, si gode la celebrità, facendo sfoggio in televisione e sulle copertine delle riviste e dei quotidiani del suo sorriso sornione.

Burton lascia sullo sfondo le vessazioni subite da Margareth e sottolinea come, a partire da un’enorme bugia, sia possibile costruire fortuna e notorietà. Amy Adams premiata ai Golden Globe come miglior attrice protagonista. Curiosità: la vera signora Margaret Keane compare su una panchina in una scena fuori al Palace of Fine Arts di San Francisco.

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