Porte aperte di Gianni Amelio – Italia – 1990 – Durata 108’

18 Maggio 2025 | Di Ignazio Senatore

Tommaso Scalia (Ennio Fantastichini), modesto impiegato, si macchia di un triplice delitto.

La prima vittima è Spatafora Vincenzo (Tuccio Musumeci), avvocato di un’organizzazione sindacale fascista, colpevole di averlo licenziato perché, a suo dire, rubava e truccava i bilanci.

La seconda, è Speciale Antonio, collega che aveva preso il suo posto in ufficio, e infine, dopo averla violentata, la moglie Rosa (Vitalba Andrea).

Arrestato, secondo il codice penale dell’epoca, Scalia, difeso dall’avvocato Colao e, se ritenuto colpevole, deve essere condannato a morte, mediante fucilazione alla schiena.

Ma Vito Di Francesco (Gian Maria Volontè), un giudice “a latere”, rigoroso e zelante, considera la pena di morte un segno di inciviltà giuridica.

Durante il processo, interroga l’imputato, ma vista la sua ostile opposizione, chiede che sia sottoposto ad una perizia psichiatrica. Il medico visita l’imputato e esclude ogni patologia psichiatrica.

Di Francesco interroga, poi, scrupolosamente i testimoni, ma appare evidente che il procuratore e Sanna (Renzo Giovanpietro), il presidente del tribunale, premono per chiudere al più presto il processo, così da allinearsi alle direttive imposte dal regime fascista.

Si scopre, poi, che la moglie di Scalia voleva vivere da signora e, costretta dal marito, con la forza, a prostituirsi e ad andare a letto con Spatafora, Il signor Speciale era, inoltre, loro complice e prestava la propria abitazione ai due amanti per i loro incontri.

L’unico che sembra comprendere le preoccupazioni di Di Francesco, è il giurato Consolo (Renato Carpentieri), un agricoltore, dotato di buonsenso e grande umanità. Di Francesco riesce a far condannare Scalia all’ergastolo, ma è trasferito in una oscura Pretura.

Nel corso del successivo processo. Scalia è condannato a morte e fucilato.

Tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia, ispirato a un fatto realmente accaduto, il film è ambientato nel 1936 a Palermo. Il regista Amelio (Colpire al cuore, Il ladro di bambini, Lamerica, Così ridevano, le chiavi di casa, Il signore delle formiche…) contrappone a Scalia, cinico e violento assassino, il pacato e determinato magistrato Di Francesco, che, pur consapevole di aver di fronte un feroce delinquente, ritiene che abbia egualmente diritto a un giusto processo.

Non a caso, per tutto il film, l’avvocato Colao, allineato perfettamente, ai dettami fascisti, non controindica i testimoni, nè spende una parola per difendere il suo assistito.

Il titolo del film fa riferimento ad un discorso che, nel corso di un pranzo, il procuratore, amico di Sanna, pronuncia, rivolgendosi a Di Francesco.

Senza troppi giri di parole, gli lascia intendere che la gente vuole vivere tranquilla e che la pena di morte serve a eliminare i delinquenti e assicurare ai cittadini la possibilità di “dormire con le porte aperte.” 

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