Mario (Luca Zingaretti), Olga (Margherita Buy) e i loro due dolci bambini, Ilaria (Sara Santostasi) e Gianni (Simone Della Croce) sembrano la reclame della classica famiglia felice.
Mario ha però un “vuoto di senso” e le comunica che sente di aver bisogno di stare solo per un po’, per riflettere.
Olga regge il colpo, ma crolla quando scopre che il marito ha una storia con Gina (Gaia Bernari Amaral), una donna più bella e giovane di lei.
Confusa e smarrita, Olga spera che il marito, dopo la classica sbandata, torni sui propri passi, ma quando comprende che il matrimonio è miseramente naufragato, è divorata inesorabilmente dall’apatia, dall’angoscia e dalla tristezza.
Nonostante tutto, continua a prendersi cura dei bambini e cerca di rispettare i tempi di consegna della traduzione di un testo commissionata dal suo capo.
Grazie a Damian (Goran Bregovic) un musicista straniero, vicino di casa, ritornerà a riprendere fiducia in se stessa e a respirare la vita a pieni polmoni.
Nel trasporre sullo schermo l’omonimo romanzo di Elena Ferrante, Roberto Faenza avrebbe potuto dar fondo a tutti gli stilemi del melò e mostrarci la protagonista strangolata dalla disperazione, con il cuore sanguinante e il viso costantemente rigato delle lacrime. Il regista torinese sceglie, invece, di intercettare quelle zone d’ombra che attanagliano l’animo umano.
Il dolore di Olga c’è, si sente, si percepisce, ma il regista, sottrae, lima, trattiene, evitando di banalizzare la vicenda e mostra, con garbo e sensibilità, come sia difficile per la protagonista riprendere in mano la propria vita.
In un concitato faccia a faccia, Mario le confesserà: “La verità è che un giorno all’improvviso ho smesso d’amarti, non so neppure io perché. Ho lottato con tutte le mie forze perché questo non succedesse. Non c’è stato niente da fare. E’ una colpa non amare più?”.
In un attimo, Olga comprende come fossero errate le sue convinzioni e come fosse stata stupida a non cogliere il disagio del marito e le nubi che si addensavano sempre più all’orizzonte.
Comprende, però, che non può nemmeno permettersi il lusso di mollare tutto, anche perché ha dei figli da accudire e un lavoro da preservare.
A Mario, nel corso del film, risponderà: “Tu vuoi sapere come sto? Sto come una pianta senz’acqua. Le donne senz’amore muoiono da vive.”
L’inquieta e inquietante figura della “poverella”, (Alessia Goria) proiezione della parte malsana della protagonista e l’ingresso in campo di un ramarro, infondono un’ulteriore tocco surreale e oniroide alla vicenda.
Sorretta da un misurato Zingaretti, Margherita Buy, dolente e palpitante quanto basta, è praticamente perfetta. Candidato al David di Donatello 2006: migliore musicista e migliore musica originale (Goran Bregovic)) Candidato al Nastro d’Argento 2006: migliore attore protagonista (Luca Zingaretti) e migliore attrice protagonista Margherita Buy)
Per l’intervista completa a Roberto Faenza, l’antologia della critica e della critica online del film si rimanda al volume di Ignazio Senatore: “Roberto Faenza Uno scomodo regista” – 2012 -Falsopiano Editore
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