Il conte Dany di Bagnasco (Terence Stamp) un gaudente aristocratico ama circondarsi di belle donne e s’innamora perdutamente di Manuela Roderighi (Laura Antonelli) seducente fidanzata di Martino Ghiondelli (Michele Placido) un giovane spiantato.
La donna ricambia le sue attenzione ed i due diventano amanti. Ben presto arriva all’orecchio del conte una sconcertante verità; Manuela si prostituisce in una casa d’appuntamenti. La prima reazione dell’uomo è quella di abbandonarla ma poi, travolto dalla passione, la perdona e continua a starle al suo fianco.
Altre voci si rincorrono nella capitale; Manuela è l’amante di Michele Barra (Marcello Mastroianni) un facoltoso uomo di mezz’età, parente del conte. Dapprima lei nega, poi confessa che l’uomo l’ha violentata quando aveva quindici anni e che da allora esercita su di lei un irresistibile fascino. Affranto e deluso dall’ennesimo tradimento della sua amata, il conte si suicida.
Melodramma decadente, melenso e privo di spessore, ambientato a Roma negli Anni Venti, tratto dal romanzo La divina fanciulla di Luciano Zuccoli.
Nonostante gli sforzi del regista, il perduto amore del conte per l’irrequieta Manuela non trasuda da nessuna inquadratura. Patroni Griffi lascia le scene più bollenti fuori campo e fa intuire che la madre di Manuela era una povera malata di mente e che i continui tradimenti di Manuela siano il frutto di un suo insano bisogno d’amore, più che di un suo orientamento dissoluto e peccaminoso.
La scelta suicidaria del conte non sorprende lo spettatore e, più che un gesto disperato, frutto di un momento d’abbandono, sembra la naturale evoluzione di un uomo rimasto sempre ai margini della propria esistenza e incapace di legare a sé la donna che ama.
Il regista spezzetta la narrazione con dei cartelli, in stile cinema muto, che commentano la scena appena mostrata.
Tra le più originali quella di Puskin “Si può essere uomo serio e pensare alla bellezza delle unghie” e l’altra di Stendhal: “Impiegava molto a vestirsi per poter dimenticare quello che indossava”.
Da segnalare la scena di Manuela che si mostra in posa come la statua di Paolina Bonaparte del Canova. Dal romanzo La divina fanciulla di Luciano Zuccoli.
Per un approfondimento sui rapporti tra cinema e psiche si rimanda la volume di Ignazio Senatore “Cinema (italiano) e psichiatria), Zephyro Edizioni.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.